Caro energia, “effetto valanga” sul prezzo di pasta, pesce, verdure. Coldiretti calcola gli aumenti
È un «effetto a valanga» quello che il caro energia ha sul costo del carrello della spesa. A calcolare gli aumenti dei prezzi è stata la Coldiretti, in un’analisi che ha preso in esame i principali prodotti alimentari. Si va dal 9% di rincaro per la farina al 20% per gli oli di semi, passando per il 12% della pasta, il 6% del pesce, l’11% del burro, il 7% della frutta, il 17% della verdura.
L’«effetto valanga» del caro energia sui prezzi alimentari
In relazione allo studio, elaborato sulla base dei dati Istat di febbraio, Coldiretti ha sottolineato che «in un Paese come l’Italia dove l’85% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada, l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa di consumatori con il rischio di alimentare psicosi, accaparramenti e speculazioni». Un aumento che si estende all’intera filiera agroalimentare, «dai campi all’industria di trasformazione fino alla conservazione e alla distribuzione ed occorre intervenire nell’immediato per contenerli e non far chiudere le attività produttive e distributive essenziali al Paese».
Per l’agricoltura aumenti in bolletta di almeno 8 miliardi
Il balzo dei costi energetici costa all’agricoltura una bolletta aggiuntiva di almeno 8 miliardi su base annua, rispetto all’anno precedente. A rischio ci sono le coltivazioni, gli allevamenti, l’industria di trasformazione nazionale e a caduta gli approvvigionamenti alimentari di 5,6 milioni di italiani che si trovano in una situazione di indigenza economica. «Il caro energia ferma i trattori nelle campagne, spegne le serre di fiori e ortaggi e blocca i pescherecci italiani nei porti, aumentando la dipendenza dall’estero per l’importazione di prodotti alimentari», ha avvertito Coldiretti, ricordando che con questi numeri agricoltori, allevatori e pescatori «sono costretti a lavorare in perdita». Una situazione alla quale si aggiunge la difficoltà di approvvigionamento di materie come concimi e mangimi. Il risultato è che «quasi un imprenditore su tre (30%)» si è visto costretto «a ridurre la produzione».