Decreto Ucraina, tanto rumor per nulla: il Senato vota la fiducia. Rauti: «Il governo non la merita»

31 Mar 2022 13:17 - di Redazione
fiducia

L’aula del Senato ha votato la fiducia al governo Draghi sul cosiddetto decreto Ucraina. Su 249 senatori presenti, i “” sono stati 214, i “no” 35 mentre nessuno si è astenuto. A favore anche i grillini. Tra i contrari i 21 senatori di Fratelli d’Italia. «Voi – ha detto Isabella Rauti annunciando in aula il “no” di FdInon meritate la nostra fiducia. La nostra è una scelta obbligata, facile, si chiama coerenza». Il decreto, ha proseguito la vicepresidente del gruppo, «lo avremmo votato come alla Camera, se ci fosse stata discussione e emendamenti. Invece, il ricorso al voto di fiducia sconfessa il governo che chiede quella fiducia».

La fiducia passa con 214 “sì” e 35 “no”

Resta da capire quanti siano i dissidenti all’interno dei 5Stelle. In aula tutti hanno notato le assenze, ingiustificate, del presidente della commissione Bilancio, Daniele Pesco e del “pacifista” Alberto Airola. Ma a far più rumore di tutti è certamente il nome di Vito Petrocelli, che ha votato “no” alla fiducia da presidente della commissione Esteri. Lo aveva annunciato e ha mantenuto l’impegno. Resterà in ogni caso sulla sua poltrona. «Rappresento la maggioranza degli italiani», aveva replicato giorni fa a chi gli intimava di togliere il disturbo.

Pochi i grillini coerenti

Respinge, invece, ogni accusa di incoerenza il capogruppo pentastellato Mariolina Castellone. «Quella di non votare la fiducia – ha argomentato – è una narrazione che è stata fatta ma non da noi. Il presidente Conte e noi tutti l’abbiamo detto che la fiducia a questo decreto non era in discussione». Dovrebbe però spiegare perché solo qualche giorni fa Conte, in un’intervista alla Stampa, aveva minacciato ritorsioni sul decreto appena approvato se Draghi avesse aumentato la spese per la Difesa. La questione è ancora sul tavolo. Ne dà conferma la stessa Castellone quando rinvia alla lettura del Def (il Documento economico-finanziario del governo) per capire «se c’è qualche accenno alle spese militari». Al momento la grillina si consola con la posizione del ministro Guerini «che ha condiviso la nostra visione di arrivare quantomeno al 2028».

 

 

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