Draghi ci prepara al tempo di guerra: «Sì ai razionamenti se la situazione in Ucraina peggiora»
«Non è ancora il caso» di lanciare allarmi sulle conseguenze di tipo economico per l’Italia dalla guerra in Ucraina. Lo ha assicurato Mario Draghi nel corso di una conferenza stampa convocata per illustrare la road map sull’allentamento delle misure anti-Covid. «Prenderemo dei provvedimenti. Dobbiamo prepararci. Ma da qui a lanciare allarmi – ha scandito il premier – ancora ci corre. Dobbiamo reagire, per esempio, alle insufficienze degli approvvigionamenti alimentari come a quelli per il gas con la diversificazione, con un intervento sui prezzi, aiutare famiglie e imprese». Per le misure “taglia prezzi“, tuttavia, Draghi non pensa però ad un nuovo scostamento di bilancio: «Non è previsto nel Consiglio dei ministri di domani».
Draghi: «Al momento nessun allarme»
Sul come far fronte alla «necessità», il premier è rimasto nel vago. «Bisogna affrontarla e prendere provvedimenti adeguati – ha detto -. Non è importante il modo in cui ci si arriva, l’importante è che siano adeguati, poi come ci si arriva è un altro discorso». Draghi ha usato parole e toni tipiche di chi tiene la situazione sotto controllo. Ma sullo sfondo resta la guerra con i suoi orizzonti tempestosi. Il presidente del Consiglio ha difeso la decisione dell’invio di armi all’Ucraina così come quella delle sanzioni contro la Russia. «Aiutare Kiev a difendere la propria democrazia – ha rivendicato – significa difendere i valori su cui è fondata la nostra Repubblica. Armi e sanzioni sono strumenti necessari che dobbiamo usare per difendere l’Ucraina e la nostra libertà». Sul punto ha ringraziato l’opposizione «per essersi unita alla maggioranza».
«Cina e Usa possono riportare la pace»
E a chi chiede di fare di più, anche come Europa, Draghi raccomanda prudenza. «Stiamo attenti. Zelensky chiede l’entrata delle forze Nato, dei nostri aerei nello spazio aereo ucraino, non è possibile, significherebbe entrare in guerra». È un punto, assicura, «su cui nella Nato c’è unanimità, a cominciare dagli Usa». Resta la fiducia in uno sbocco diplomatico. Ad avviso di Draghi il «sentiero» che lascia intravedere la pace è quello che stanno aprendo Stati Uniti e Cina. Anche se – ammette – «non ci sono sviluppi prevedibili a breve». Quanto a Putin, il premier gli attribuisce «una volontà non di pace, ma di guerra». È certezza che ricava dall’osservazione dei fatti: «Ci mostrano una determinazione a continuare la guerra e non a cercare la pace». Intanto, giovedì prossimo c’è il vertice Nato, dove Draghi vedrà il presidente Biden. «Stiamo lavorando su una mia visita a Washington nei prossimi due-tre mesi», ha annunciato.