Esercito europeo, il generale Bertolini: «Sarebbe un sogno, ma prima serve che ci sia un’Europa»
Un esercito «non è soltanto un’organizzazione di protezione civile, ma un vero e proprio strumento di politica estera». Per questo l’idea di un esercito europeo ad oggi appare di là da venire. «Sarebbe una cosa bellissima, ma prima è necessario che via sia un’Europa». A sottolinearlo è il generale Marco Bertolini, ex comandante del Coi, l’attuale Comando operativo di vertice interforze, (Covi). Il punto è, per il generale, che la politica estera comune rappresenta la «premessa fondamentale di un esercito unico, che ne sarebbe espressione e strumento». Dunque, finché mancherà questa politica estera comune, non potrà esistere davvero un esercito europeo.
Per l’esercito europeo serve una politica estera comune
«È vero che di fronte all’attacco russo all’Ucraina gli Stati europei sono uniti nel condannarlo e nelle sanzioni, tuttavia restano le differenze di approccio, come quelli, originali, di Francia e Germania», ha sottolineato il generale Bertolini, parlando con l’agenzia di stampa Adnkronos. «È un’illusione – ha aggiunto – avere uno strumento militare unico senza prima passare per una vera politica estera comune, nella quale si condividano gli stessi interessi». «L’esercito – ha proseguito Bertolini – non è soltanto un’organizzazione di protezione civile, ma un vero e proprio strumento di politica estera. E una brigata composta da 5mila unità, come quella a cui si sta pensando, non può essere considerata una forza ma soltanto uno strumento simbolico».
Il nodo delle «differenze culturali»
Quindi, per Bertolini, «perché l’Europa possa dotarsi di un esercito degno di questo nome, oltre a un numero molto maggiore di militari, sarebbero necessari tutti gli strumenti tipici delle forze armate, da un esercito di terra, alla marina, all’aviazione. Ma l’ostacolo a causa del quale sarà difficile crearlo – ha chiarito – è rappresentato da quello che è anche il valore aggiunto dell’Europa. Ovvero le differenze culturali, linguistiche, religiose, che esistono da est a ovest e da nord a sud del continente. Queste differenze sono la nostra vera ricchezza, ma anche il nostro limite al raggiungimento di una vera coesione».
Bertolini: a Putin non convengono «incidenti con i Paesi del Patto Atlantico»
Quanto alla possibilità di un allargamento del conflitto nei Balcani o in Polonia, secondo il generale, che è anche coordinatore della Consulta difesa e forze armate di FdI, «è una possibilità per cui nessuno ha davvero interesse. Anche se la Serbia è a favore della Russia, non credo che possa avvenire qualcosa del genere in una regione composta, dopo la disgregazione della Jugoslavia, da piccoli Stati. La Polonia è a ridosso dell’Ucraina e lì c’è effettivamente una mancanza di divisione netta fra i due popoli». «Alla Polonia non interessa entrare in guerra e Putin deve fare tutto il possibile per mantenere il conflitto al di fuori della Nato. Le operazioni concentrate soprattutto a Mariupol e quelle di basso impatto a ovest hanno esattamente lo scopo di scongiurare possibili incidenti con i Paesi del Patto Atlantico, da cui deriverebbe – ha concluso il generale – un’escalation dalle conseguenze inimmaginabili e che nessuno desidera».