FdI, l’Europa non è in grado di garantire redditi dignitosi agli agricoltori
Il futuro dell’Agricoltura italiana lo tratteggia Fratelli d’Italia nel corso del convegno al Senato organizzato dal Dipartimento Agricoltura di FdI di cui è responsabile il senatore Luca De Carlo parlando di Pac, Green Deal, Farm to Fork ma anche di Europa e sovranità alimentare senza dimenticare la redditività degli agricoltori messa sempre più in discussione negli ultimi anni.
“Dobbiamo pensare al contesto: prima la pandemia e ora la guerra nel cuore dell’Europa e che coinvolge due paesi che da soli producono il 30% dei cereali mondiali”, ragiona Giorgia Meloni intervenendo al convegno “Agricoltura e Futuro” al quale hanno partecipato esponenti altri partiti, presidenti delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato è rappresentanti delle categorie produttive. come Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura ed Ettore Prandini, presidente di Coldiretti.
”Oggi le sanzioni inflitte alla Russia richiedono delle compensazioni per i settori che subiranno la contrazione di affari, un meccanismo simile a quello per la Brexit, soprattutto verso i paesi che la subiranno maggiormente”.
“Vale la pena schierarsi sul campo internazionale, ma le istituzioni europee devono poi muoversi conseguentemente – osserva la presidente di FdI. Noi non possiamo fare finta di nulla di fronte al Pnrr. Le nostre priorità sono mutate, anche rispetto al New Green Deal e al Next Generation EU: Dobbiamo avere il coraggio di porre alla Commissione una serie di modifiche.”.
”Oggi – insiste Giorgia Meloni – dobbiamo trovare risorse per far fronte alla crisi, non dobbiamo sospendere il Pnrr, ma aprire un confronto con l’Europa, perché la globalizzazione non ha retto al primo shock asimmetrico che abbiamo subito”.
“Abbiamo scoperto di non avere una politica energetica comune. L’Italia deve fare la sua parte in termini di sovranità, dobbiamo mettere in discussione alcuni dogmi – sottolinea la leader di Fratelli d’Italia. – Nella nostra visione dell’ecologia, l’uomo ne fa parte e può mettere in sicurezza la natura: sostenibilità sociale, economica e ambientale possono convivere. Si tratta di scelte strategiche nazionale e europee.”.
Quanto ai contratti di filiera sono “una battaglia di Fratelli d’Italia, così da spalmare i costi su tutti gli anelli. L’Italia non può competere a livello globale sulla quantità del prodotto, ma sicuramente sulla qualità: dobbiamo lavorare sul marchio, dove siamo imbattibili“.
“La guerra – osserva anche Luca De Carlo responsabile del Dipartimento Agricoltura di FdI – ha acuito condizioni che l’agricoltura si trascinava da prima della pandemia”.
Condizioni causate “da una visione che immaginava di poter smettere di produrre, perché il prodotto poteva essere acquistato dove costava meno” ritenendo, evidentemente a torto, “che il mercato avrebbe regolato da sé la situazione”. Ma le cose non sono andate proprio così.
“Questa è una prospettiva smentita in pochi giorni di guerra, quando ci siamo resi conto quanto sia fragile il sistema agroalimentare – dice il responsabile del Dipartimento Agricoltura di FdI. – Noi oggi esportiamo 52 miliardi l’anno, ma tutto il nostro comparto è estremamente fragile”.
L’Europa , in tutto questo, “si è concentrata su leggi lontane dagli agricoltori, dimenticando di fare programmazione per giocare un ruolo di prim’ordine. Quindi l’Europa non ha un ruolo di leader, neanche nella mediazione politica”, la boccia De Carlo.
E l’agricoltura? “Da una parte non riesce a garantire tutti i prodotti e nemmeno il giusto reddito a chi produce. Se la filiera ha ragione di esistere, allora non può schiacciare il reddito degli agricoltori a favore di altri anelli: serve un compenso dignitoso e che diventiamo meno dipendenti”.
Non è neanche troppo difficile ricordare chi sono i responsabili del fallimento di queste politiche agricole. Anche in questo caso non si può che puntare il dito sull’Europa.
”Chi perorava il Farm to Fork (la politica di riduzione dei terreni da coltivare, ndr) fino a pochi giorni ha preso coscienza solo con la guerra della necessità di produrre di più”.
Insomma il risveglio è stato brusco. Ma forse neanche questo è bastato all’Europa per capire la direzione che deve prendere e garantire gli agricoltori.
”Per ora in Italia è stata data una autorizzazione temporanea” di coltivazione “per 200mila ettari, ma un periodo breve non è conveniente da lavorare per un agricoltore”. Un concetto che capirebbe anche un bambino ma che non entra nella testa degli euroburocrati.
”Da alcuni anni abbiamo abbandonato alcune colture pensando di poterle recuperare da altri paesi, oggi invece dobbiamo dare gli strumenti giusti a chi si dedica all’agricoltura, perché questo settore conserva il territorio e fa mangiare il mondo“, sintetizza De Carlo.
Al convegno “Agricoltura e Futuro” ha partecipato anche il ministro delle Politiche Agricole e Forestali, Stefano Patuanelli.
“Senza agricoltura non c’è futuro perché non c’è cibo. Il momento è complesso – ammette Patuanelli – legato alle difficoltà di approvvigionamento e all’aumento dei prezzi, dopo due anni di pandemia in cui il settore primario era riuscito ad assorbire le criticità”.
“Serve un ragionamento di filiera per trasferire più valore aggiunto ai primi produttori, oppure ci devono essere delle politiche pubbliche di sostegno per consentire alle aziende di sopravvivere. Il rischio è vedere le nostre imprese chiudere ma è un rischio che non possiamo correre”.
Patuanelli ci tiene a smentire un luogo comune. “Sbagliato credere però che siano gli agricoltori i primi inquinatori dell’ambiente. La prima forma di tutela ambientale è la gestione del territorio e quindi bisogna dare agli agricoltori strumenti per poter fare reddito dalla sana gestione del territorio.”
Nicola Procaccini, europarlamentare di FdI e componente della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo, da il polso di un’Europa che ha sbagliato su tutto, costretta a fare “un bagno di realismo”.
“Si deve correre verso la sovranità alimentare da affiancare ad una sovranità energetica e ad un’altra in termini di difesa militare – suggerisce Procaccini mettendo a nudo tutti i limiti della politica europea su fronti diversi. –Sovranità è oggi una parola di dominio pubblico, di nuovo sdoganata. Dobbiamo ora recuperare il tempo perduto. Ma non sarà facile”, avverte.
Il grande errore dell’Europa è stato quello di partire “con ambizioni che tenevano conto degli aspetti Green rispetto a quelli produttivi”.
E ora “è necessario trovare misure che sostengano la produzione agricola e non la criminalizzino, mentre invece spesso si è demonizzata l’impresa agricola”.
“Sono troppo pochi i 500 milioni previsti dalla Pac come fondo di crisi, perché – spiega Procaccini – non ci si aspettava una crisi di tale portata. Ed i 50 milioni destinati all’Italia rende risibile l’intervento in termini economici”.
“All’Italia manca un grande progetto per ridisegnare la politica agricola del nostro paese – osserva Maria Cristina Caretta, capogruppo FdI in Commissione Agricoltura. – Negli anni è sempre stata tratta malissimo, si sono sempre rincorsi i problemi. Credo dunque che l’agricoltura oggi meriti molto di più. L’ambiente, l’agricoltura e l’alimentazione sono legati tra loro in maniera indissolubile, se non abbiamo un ambiente salubre non possiamo avere un’agricoltura di qualità e di conseguenza un’alimentazione sana”.
“L’Ue – accusa Maria Cristina Caretta – ci propone strumenti come il Farm to Fork e green deal che ci impongono minore produttività. Oggi invece abbiamo bisogno di più materie prime e di arrivare ad una sovranità alimentare per essere indipendenti dai turbamenti esterni. In questo modo possiamo anche garantire la redditività degli agricoltori”.
“Oggi – fa notare Francesco Lollobrigida, Capogruppo FdI alla Camera – dobbiamo pensare su piani strategici, per questo i piani attuali sull’agricoltura non sono sufficienti”.
“Le nostre produzioni sono sotto attacco e l’Europa dovrebbe affrontare con intransigenza vista in altri settori la questione delle falsificazioni alimentari – dice il capogruppo di Fratelli d’Italia.
“L’Italia è la nazione in Europa con la più alta produzione di biologico ma, come si sa, la resa col biologico è minore, per cui l’obiettivo finale – annota Patrizio La Pietra, capogruppo FdI in Commissione Agricoltura a Palazzo Madama – deve essere quello di aumentare la produzione di agricoltura tradizionale affinché tutti siano messi nella condizione di poter mangiare”.
Servono innovazione e ricerca – sottolinea La Pietra – servono risorse, ad oggi insufficienti, per interventi mirati e non a pioggia, come sulle filiere. I 7/8 miliardi stanziati nel Pnrr non bastano e in Commissione, mettendo da parte gli steccati ideologici che ci dividono in altri casi, stiamo lavorando per portare a compimento i provvedimenti rimasti in sospeso“.
“Grazie alle politiche agricole adottate negli ultimi vent’anni dal Parlamento Ue rappresentiamo lo 0,24% della superficie agricola investita a grano tenero. Sul grano duro siamo al 54%, sull’orzo al 2,4%, mais 7%, segale 0,2%, soia 35% – elenca Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura, parlando al convegno organizzato da Fratelli d’Italia al Senato. – Questi dati danno la dimensione di quello che rappresenta l’agricoltura italiana, tanto di niente o niente di tanto. Siano forti in qualche coltura ma siamo insignificanti sulle colture principali, ovvero mais, frumento tenero e sulle oleaginose. Questo è figlio di scelte politiche economiche sbagliate ed i nodi sono arrivati al pettine. Abbiamo sbagliato tutti, politica, istituzioni e associazioni agricole, abbiamo contribuito a costruire un modello che ha mostrato tutte le sue debolezze”.
“Il modello produttivo italiano deve mettere mano ad errori commessi negli ultimi 40 anni. Il primo di questi è la legge Bassanini con il decentramento“, conferma Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, nel corso del convegno “Agricoltura e Futuro” organizzato da Fratelli d’Italia.
“Negli ultimi anni abbiamo vissuto tanti tentativi di standardizzazione, che non appartengono all’Italia, patrimonio della biodiversità: dobbiamo – dice Prandini – produrre di più, ma valorizzando economicamente”.
“Abbiamo il dovere di dare informazioni giuste alle persone – insiste Prandini criticando il sistema del Nutriscore. – Una sana dieta alimentare è un sistema di risparmio economico per il sistema sanitario e invece dare il semaforo rosso sul parmigiano reggiano e sull’olio extra vergine si ottiene un risultato opposto. Assurdo che una diet coke o le patatine fritte abbiano semaforo verde”.
“Chi parlava di sovranità alimentare negli anni passati veniva criticato di fronte alla globalizzazione. Credo – conclude il presidente di Coldiretti – che parlare di patriottismo sia doveroso, perché significa interpretare al meglio gli interessi del proprio Paese, cosa che in Italia non è avvenuto, soprattutto sul tema della sicurezza alimentare”.