M5S, vittoria di Pirro per Conte: rieletto leader con meno voti e già bersaglio di un nuovo ricorso

29 Mar 2022 9:11 - di Michele Pezza
Conte

Il “plebiscito” sul candidato unico c’è stato (94,19 per cento), ma presto arriverà a contestarlo un nuovo ricorso. L’altra notizia – non proprio buona per Giuseppe Conte, rieletto ieri sera capo del M5S – è il calo dei votanti rispetto all’incoronazione dello scorso agosto: 12 per cento in meno. Allora lo votarono 62mila iscritti (su 67mila) a fronte dei 55.618 di oggi su 59.047 aventi diritto. Eletti con lui anche il comitato di garanzia e il nuovo collegio dei probiviri (Danilo Toninelli, Fabiana Dadone, Barbara Floridia). Come già accennato, il plebiscito di ieri non ha disinnescato la mina che nei mesi scorsi ha portato il Tribunale di Napoli a congelare la leadership grillina.

Conte era il candidato unico

L’avvocato Lorenzo Borré ha infatti già annunciato un nuovo ricorso, sottoscritto stavolta da un centinaio di attivisti, attraverso cui invalidare il voto di domenica e lunedì. Quattro i motivi a base dell’iniziativa legale: carenza di poteri di chi ha indetto l’assemblea del 10 e 11 marzo; illegittima esclusione degli iscritti con meno di 6 mesi di anzianità, violazione del principio di parità tra gli associati e, infine, violazione del metodo assembleare. Nel frattempo Conte va per la sua strada, annunciando nuove iniziative «ricavate direttamente dal confronti con Beppe (Grillo, ndr)». L’ex-premier ha anche chiarito che «il M5S è un pilastro di questo governo».

Il nodo del “decreto Ucraina”

Precisazione necessaria, quest’ultima, per non spaventare ulteriormente i gruppi parlamentari sempre più atterriti dal restringersi del tempo che li accompagnerà a nuove elezioni. Non va infatti dimenticato che Giuseppi ha impostato la rielezione sul no” all’aumento delle spese militari. Ora che l’ha ottenuta deve far seguire alle parole i fatti. Il decreto Ucraina è al Senato. Nel vertice tenutosi ieri sera, le posizioni sono rimaste distanti, tanto è vero che il governo non esclude di porre la questione di fiducia sul provvedimento. A quel punto, quale Conte vedremo all’opera? Quello che la settimana scorsa ha minacciato la crisi o quello che ieri si è autodefinito «pilastro del governo»?

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