Medici-spia, lo scaricabarile di Conte: «Gli aiuti russi furono concordati con Di Maio e Guerini»
Rischia di trasformarsi in un vero pasticciaccio brutto la vicenda dei “sanificatori-spia” arrivati a Bergamo dalla Russia nel marzo del 2020. Ufficialmente per aiutarci a venire a capo del Covid allora infuriante, probabilmente (mancano ancora prove) per entrare in un Paese Nato e carpirne quanti più dati possibili. All’epoca a Palazzo Chigi c’era Giuseppe Conte, sorretto dalla coalizione giallo-rossa. Allora come ora alla Farnesina sedeva Luigi Di Maio e alla Difesa Lorenzo Guerini. La vicenda è tornata a galla dopo le minacce rivolte all’Italia (a Guerini, in particolare) da Alexei Vladimorovich Paramonov, direttore del Dipartimento europeo degli Affari esteri di Mosca, in risposta all’inasprimento delle sanzioni da parte della Ue e quindi anche dell’Italia.
Così Conte sul Corriere della Sera
Una sorta di sinistro avvertimento tipo “proprio voi parlate?” che solo Conte potrebbe decifrare. Da qui l’intervista al Corriere della Sera in cui l’ex-premier dice essenzialmente tre cose. La prima: la delegazione russa agì sotto il controllo dei nostri militari; non ricorda la che i presunti medici-spia avessero proposto di sanificare uffici pubblici; è suo il “sì” all’offerta di aiuto venuta dai russi, ma solo dopo averlo concordato con Di Maio e Guerini. Una precisazione a metà tra lo scaricabarile e la chiamata in correità. Tanto più che, politicamente parlando, i rapporti tra Conte e Di Maio registrano in questa fase il loro minimo storico mentre su Guerini – del Pd, ma con un passato di renziano convinto – potrebbe pesare la copiosa ruggine che incrosta quelli tra Giuseppi e il leader di Italia Viva. Ma è soprattutto la citazione del titolare con la Farnesina a far pensare.
Accordi segreti tra il governo giallo-rosso e Putin?
Prova ne sia la ricostruzione di Conte dell’iter delle onorificenze concesse dal governo a Paramonov proprio per essersi speso in quell’occasione in favore del nostro Paese. Di chi fu l’idea? Questa la risposta: «Dai riscontri effettuati risulta che gli sono state consegnate su proposta del ministro degli Esteri e che la consegna della Stella d’Italia è stata consegnata dal ministro degli Esteri senza coinvolgere la Presidenza del Consiglio». Come a dire: non chiedete a me. Difficile, però, che l’avvertimento di Paramanov si riferisse alle onorificenze ricevute. Le domande che le sue parole innescano sono altre. Queste: in quell’occasione Italia e Russia stipularono accordi segreti? E, se sì, da chi?