Migranti, nuova richiesta di archiviazione per Salvini. Il pm: il post sul contestatore era diritto di critica
La Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione per Matteo Salvini, indagato per violazione della legge sulla privacy, dopo la denuncia presentata dall’ex presidente del “Circolo Mario Mieli”, Andrea Maccarrone, in cui l’attivista Lgbt lamentava di essere stato vittima di minacce e offese via social in seguito a un post dell’allora ministro dell’Interno. I fatti risalgono al marzo 2019 quando Maccarrone aveva manifestato, con le mani tinte di rosso, davanti Palazzo Madama mentre era in corso il voto per la richiesta di procedere nei confronti di Salvini nell’ambito della vicenda della nave Diciotti.
Il caso del post sull’attivista con le mani dipinte di rosso
«Nel caso concreto – si legge nella richiesta di archiviazione del pm Caterina Sgrò – è evidente che non c’è alcun nesso funzionale tra le espressioni utilizzate dall’indagato Matteo Salvini e le funzioni ministeriali ricoperte dallo stesso nel marzo 2019. Le frasi “pubblicate” da Salvini sul profilo Facebook non sono idonee a ledere la reputazione del denunciante e costituiscono espressione del diritto di critica che rientra nel più ampio diritto di manifestare il proprio pensiero tutelato dall’articolo 21 della Costituzione. Si evidenzia a riguardo che l’indagato non ha posto in essere alcun attacco denigratorio». Salvini, che una settimana fa ha incassato l’archiviazione per il caso della citofonata, aveva postato su Facebook un video della contestazione di Maccarrone, parlando di «delirio» e scrivendo che «mi mancava proprio di essere rincorso e minacciato da uno con le mani dipinte di rosso». Il video in breve tempo aveva superato le 700mila visualizzazioni.
Il pm chiede l’archiviazione per Salvini
Maccarrone, difeso dall’avvocato Ezio Menzione, si è opposto alla richiesta di archiviazione, chiedendo tra l’altro il completamento delle indagini per individuare gli autori dei post ritenuti offensivi. Sul punto, il pm ha invece sottolineato: «Quanto ai commenti che sono scaturiti su Facebook dallo scritto di Salvini, riteniamo che essendo gli autori soggetti non qualificati, non godono di alcun credito presso terzi, come le fonti autorevoli, quali giornalisti, persone che ricoprono cariche di prestigio. Sicché gli scritti postati su internet da un numero mutevole di soggetti non hanno capacità a nostro parere di influenzare in alcun modo l’opinione che ogni utente di internet si è formata sul denunciante». Sulla vicenda il giudice deciderà il prossimo 4 maggio.