Onorificenza a Paramonov, Draghi e Di Maio si muovono per revocarla. E finiscono nel mirino altri russi
La presidenza del Consiglio si sta muovendo insieme alla Farnesina non solo per studiare come revocare l’onorificenza al russo Alexei Paramonov ma anche per esaminare, una per una, tutte le onorificenze concesse ai cittadini russi.
Nella corsa collettiva a punire la Russia e i cittadini russi per l’invasione dell’Ucraina, il governo Draghi si muove su varie direttrici. E, quindi, anche sul fronte delle onorificenze concesse dall’Italia negli anni passati ad alcuni personaggi – anche russi – con cui il nostro Paese voleva coltivare buoni rapporti.
Dunque in questo momento, secondo quanto apprende l’Adnkronos da autorevoli fonti, a Palazzo Chigi si sono messi al lavoro per trovare una adeguata cornice normativa e poter revocare, intanto, nell’immediato l’onorificenza di Cavalierato al merito ad Alexei Paramonov, l’alto dirigente del ministero degli Esteri russo che, sabato scorso, ha minacciato l’Italia di “conseguenze irreversibili” in caso di nuove sanzioni. Parole che sono state ritenute dall’Italia una minaccia diretta al ministro della Difesa, l’esponente Pd Lorenzo Guerini.
Le onorificenze riconosciute dall’Italia a Paramonov sono due: un Cavalierato al merito (Omri – 2018) e un riconoscimento dell’Ordine della Stella d’Italia (Osi), onorificenza questa in capo alla Farnesina e risalente al 2020.
Questa mattina il ministero degli Esteri ha fatto sapere che Di Maio ha convocato una Commissione ad hoc per esaminare, a questo punto, tutte le onorificenze Osi concesse ai cittadini russi, compresa quella a Paramonov, per procedere all’iter per un’eventuale revoca.
Interpellate dall’Adnkronos, fonti di Palazzo Chigi confermano che anche la presidenza del Consiglio “si sta già muovendo in coerenza con la Farnesina“.
Come fa notare Pietrangelo Buttafuoco su Twitter, però, “non è mai stata tolta l’onorificenza al Maresciallo Tito, coi suoi comunisti liberatori che dalle minacce passavano ai fatti gettando gli italiani nelle foibe”.