Putin costringe i media al ritiro: la Rai sospende i servizi dalla Russia, il Tg5 richiama l’inviato
Giornalisti sotto attacco: i media fanno tutti un passo indietro e lasciano la Russia. Bbc e Bloomberg ritirano i giornalisti, la Cnn interrompe le trasmissioni. Mosca cala la mannaia di numerose limitazioni nei confronti di giornalisti e emittenti, mirate a controllare e limitare l’informazione sulla guerra. Bloomberg News ha sospeso temporaneamente il lavoro dei suoi giornalisti a Mosca, dopo che «il presidente Vladimir Putin ha firmato una legge che criminalizza il giornalismo indipendente» ha postato su Twitter il gruppo americano. Mentre la Cnn ha annunciato lo stop alle trasmissioni dalla Russia per il tempo che servirà «a valutare la situazione».
Giornalisti sotto attacco, la Rai sospende i servizi dalla Russia
E non è tutto. In questa guerra dei giornalisti in trincea, in difesa della cronaca dei fatti e della verità bellica, anche i giornalisti Rai in Russia decidono di ritirarsi. «In seguito all’approvazione della normativa che prevede forti pene detentive per la pubblicazione di notizie ritenute false dalle autorità, a partire da oggi la Rai sospende i servizi giornalistici dei propri inviati e corrispondenti dalla Federazione Russa». Lo comunica in una nota Viale Mazzini, sottolineando che «la misura si rende necessaria al fine di tutelare la sicurezza dei giornalisti sul posto e la massima libertà nell’informazione relativa al Paese. Le notizie su quanto accade nella Federazione Russa verranno per il momento fornite sulla base di una pluralità di fonti da giornalisti dell’Azienda in servizio in Paesi vicini e nelle redazioni centrali in Italia».
Mimun (Tg5): «Anche noi giocoforza ritireremo l’inviato»
Non solo. Anche Mediaset si allinea: con il Tg5 che ritira il suo inviato. A spiegarne le motivazioni all’Adnkronos è il direttore Clemente Mimun che annunciando il ritorno del giornalista della testata dalla Russia, dopo l’approvazione da parte della Duma, il parlamento di Mosca, di una legge che prevede il carcere per chi diffonde notizie sulla guerra ritenute “false” dal governo russo, spiega: «Anche noi, giocoforza, ritireremo l’inviato dalla Russia. Le norme sono talmente punitive che non si può fare nulla». «Una decisione che è stata presa ieri dalla Bbc e oggi anche dalla Rai, che ha sospeso i servizi giornalistici dalla Russia», sottolinea Mimun.
«Non tutti i russi sanno quello che il loro governo sta combinando»
Che poi prosegue: «Per lavorare in Russia i giornalisti devono avere un permesso. Io non ho corrispondenti, ma un inviato ancora senza permesso. Adesso però, costretti da queste nuove regole, lo faremo tornare». Nonostante tutto, allora, incalza il direttore del Tg5, «la Russia sta perdendo su più fronti. Perché sul terreno in Ucraina sta incontrando più difficoltà di quanto immaginasse. Sul piano economico ha già perso 300 miliardi di euro. E su quello dei media Putin, che non è uno sprovveduto, sa quanto conti l’informazione, e quindi pone limitazioni. Io credo che alla fine di questa guerra il Tribunale dei diritti umani avrà molto da lavorare. E credo pure che non tutti i russi sappiano quello che il loro governo sta combinando»…
Intorno ai giornalisti vige un clima di sospetti e timori
«Del resto, anche in Ucraina le cose non vanno diversamente per i giornalisti: gli ucraini – spiega sempre Mimun – sono sospettosi. Perché temono le spie russe. E i soldati russi non vanno molto per il sottile con i reporter. Dopo gli anni di Mani Pulite in cui la notorietà era legata alla quantità di verbali che si ricevevano dalla Procura. E dopo il Covid, che veniva raccontato attraverso le conferenze stampa e la politica vaccinale. Adesso – conclude Mimun – con la guerra l’attenzione si focalizza sul racconto degli inviati. Un lavoro che però si fa sempre più difficile, quando non impossibile, con le limitazioni russe»…
Il lavoro di giornalisti e inviati si fa sempre più difficile, se non impossibile…
Insomma, la legge bavaglio sta portando a una rapida scomparsa delle attività di informazione indipendente in Russia, dopo che anche Facebook e Twitter sono stati bloccati. Non è un caso allora se, commentando la decisione, il responsabile affari di Meta (il gruppo che controlla Facebook), Nick Clegg ha sottolineato come «presto, milioni di russi comuni si ritroveranno tagliati fuori da informazioni affidabili. Privati delle loro connessioni quotidiane, con famiglia e amici e messi a tacere. Noi – ha quindi concluso Clegg – continueremo a fare tutto il possibile per far ripartire i nostri servizi». Ma al momento lo stop arriva dall’alto. Ed è impossibile aggirarlo.