Scandalo Vaticano, Pignatone boccia tutte le eccezioni delle difese e blinda il pm
Ha respinto tutte le eccezioni presentate dalle difese dei dieci imputati il presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone, ex-capo della Procura di Roma chiamato da Bergoglio ad amministrare la giustizia oltre Tevere e a prendersi cura degli imputati coinvolti nello scandalo finanziario che ha travolto la Santa Sede per l’acquisto del palazzo londinese di Sloane Avenue strapagato.
Il processo davanti al Tribunale Vaticano va, dunque, avanti.
Ma le difese degli imputati si sono riservate di impugnare l’ordinanza in particolare quella con la quale si chiedeva la nullità del processo per il deposito parziali degli atti.
Sul punto, Pignatone ha osservato che “ciò che è stato depositato è ciò che hanno deciso di depositare i Promotori di giustizia“.
Inoltre Pignatone ha invitato i difensori a procedere alla richiesta di revoca del materiale sequestrato.
Nell’ordinanza con la quale ha bocciato tutte le eccezioni presentate dalle difese dei dieci imputati, Pignatone sostiene che “l’ordinamento vaticano rispetta pienamente le indicazioni date all’articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo proprio in tema di giusto processo“.
Da qui la dichiarazione di “irrilevanza” delle “eccezioni delle difese fondate sulla asserita violazione dei principi del giusto processo individuati mediante il richiamo di singole e specifiche disposizioni della Costituzione italiana (se non addirittura del codice di rito italiano) e della Cedu“.
L’ordinanza fa ancora presente alle difese, in risposta ai rilievi fatti, che sono “del tutto ingiustificate e fuori luogo le definizioni di ‘processo speciale‘ e di ‘Tribunale speciale’ usate da qualche difensore nel corso del ‘udienza del 27 luglio, come pure le affermazioni sull’asserita mancanza di indipendenza dei giudici vaticani“. Indipendenza, annota il Tribunale, “espressamente riconosciuta anche dalla Cassazione italiana e dal Tribunale penale federale elvetico“.
Inoltre l’ordinanza firmata da Pignatone fa presente che “non c’è dubbio che il Promotore di giustizia abbia pienamente il potere di separare, anche mediante apposizione di omissis, quegli atti e documenti che, in tutto o in parte, siamo estranei all’oggetto per cui viene richiesta la citazione a giudizio, tanto più se sussistono esigenze di segreto investigativo in relazione ad altre indagini, in corso o ancora da iniziare”.
Il Tribunale del Vaticano boccia anche i rilievi difensivi sui quattro Rescripta del Papa utilizzati nel procedimento in corso.
“Il Rescriptum – si legge nell’ordinanza – può anche assumere valore normativo in modo da realizzare direttamente ed efficacemente le istanze di giustizia sostanziale che sollecitano l’emanazione dell’atto e ne costituiscono la causa motiva“.
“E’ questo – scrive Pignatone – il caso dei Rescripta presenti e operanti in questo procedimento in cui l’intervento della suprema autorità, detentrice del potere legislativo, ha disposto direttamente la disciplina normativa da applicare” di modo che “non si può configurare alcuna violazione dei principi di legalità e della riserva di legge“.
Bocciata anche la richiesta della difesa del cardinale Becciu di separare i giudizi relativi alle tre imputazioni.
Nel dettaglio, l’ordinanza scrive che “non appare opportuna la trattazione separata delle imputazioni“.
I giudici rilevano che “l’imputazione concernente il reato di subornazione è strettamente connessa a tutte le altre perché ha per oggetto, secondo prospettazione accusatoria, il tentativo di indurre mons. Alberto Perlasca a ritrattare le dichiarazioni rese nel procedimento è relative proprio alla posizione del cardinale Becciu“.
Il Tribunale Vaticano ha, quindi, fissato al 17 marzo la prossima udienza nella quale sarà interrogato il cardinale Angelo Becciu limitatamente all’accusa dei fondi che sarebbero stati inviati in Sardegna alla diocesi di Ozieri e alla Cooperativa Spes.
“Sono contento adesso posso parlare” – ha detto il cardinale Becciu, al termine dell’udienza. – Finalmente inizia il dibattimento, era da sette mesi che aspettavo. Ora posso parlare”.
Cecilia Marogna ha sollevato, tramite l’avvocato Florino Ruggio, il vincolo di segretezza scrivendo alla segreteria di Stato, allo Stato italiano e alla Nato. Circostanza quest’ultima che ha provocato la reazione ironica del presidente Pignatone. Che, promettendo di chiedere chiarimenti alla segreteria di Stato, ha ironizzato: “La Nato non è sicuramente il mio interlocutore e poi in questo momento mi pare in altre faccende affaccendata“.
Oltre al cardinale Angelo Becciu – che sarà il primo ad essere interrogato nell’ambito del processo Vaticano – hanno già dato la loro disponibilità ad essere interrogati Fabrizio Tirabassi, Renè Brulhart e Tommaso Di Ruzza, ex-dirigenti dell’Autorità di informazione finanziaria Vaticana (ex Aif oggi Asif).
Pignatone ha poi calendarizzato alcune date utili per gli interrogatori.
Il Tribunale del Vaticano ha emesso una ordinanza “molto articolata e che cerca a nostro parere senza riuscirci di conciliare l’inconciliabile: il diritto di difesa secondo le convenzioni internazionali ed un codice ispirato a principi autoritari – dicono i difensori di Tirabassi. – Passa un inquietante principio: è l’accusa che sceglie quali elementi di prova utilizzare delle indagini potendo dunque celare anche ciò che alla difesa sarebbe utile sapere”.
“Va detto – aggiungono i legali – che sulle questioni più spinose come il pentimento di Perlasca e la validità delle copie forensi con le varie chat tra le altre tra gli imputati ed i vertici della segreteria di Stato il Tribunale ha glissato rinviando al dibattimento. Dove si riproporrà anche la questione di sentire il Santo Padre al fine di valutare l’attendibilità delle dichiarazioni di Perlasca sulla conoscenza del Pontefice sullo stato delle trattative per la cessione dell’immobile di Sloane Avenue“.