Senza il grano dell’Ucraina rischio carestia in Africa. Rivolte in Egitto, in Libano scorte esaurite
27 Mar 2022 18:58 - di Riccardo Angelini
“In Egitto la popolazione, che si nutre prevalentemente di pane, comincia a ribellarsi per la mancanza del grano, importato per l’80% da Ucraina e Russia. -scrive Vittorio Sabadin – La carenza di cibo e i prezzi sempre più alti avevano alimentato al Cairo le rivolte del 2007 e del 2011. Concluse con la deposizione del presidente Hosni Mubarak“.
“L’Ucraina – aggiunge – fornisce anche metà del grano a disposizione del World Food Programme dell’Onu. Un’organizzazione che interviene a sostegno delle popolazioni colpite da disastri naturali. Ngozi Okonjo-Iweala, presidentessa del WTO, ha ricordato qualche giorno fa al Guardian che l’aumento dei prezzi del 2010-11 spinse 44 milioni di africani nella povertà estrema. E ha previsto che questa volta sarà peggio”.
Come se non bastasse “il conflitto sta compromettendo anche la semina e il raccolto del prossimo anno. E la carenza di cibo non riguarderà soltanto il grano che dal Mar Nero arriva in Africa. Ma avrà ripercussioni in tutto il mondo. Russia e Ucraina rappresentano il 30% delle esportazioni globali di grano, e la Russia è il principale produttore di fertilizzanti, di cui ha sospeso le vendite all’estero”.
Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, sottolinea come siano proprio i paesi emergenti quelli più dipendenti dalle importazioni di cereali e beni alimentari di prima necessità da Russia ed Ucraina.
In sintesi “sono 50 i paesi in via di sviluppo dipendenti per oltre il 30% dalle importazioni di cereali di quest’area. – spiega Scordamaglia – E 25 di questi lo sono per oltre il 50%”. “Si tratta di paesi i cui governi basano buona parte dei propri consensi sulla somministrazione di cibo a condizioni accessibili. Uno stabilizzatore che in questo caso potrebbe venir meno in breve tempo”. Il Libano, ad esempio, ha recentemente confermato di avere uno stock di cereali per non oltre due settimane.
LEGGI ANCHE
“A fronte di questo scenario – conclude Scordamaglia – ci aspetteremmo da parte della Commissione europea una più netta presa di posizione a favore della produzione agroalimentare. Piuttosto che misure parziali e limitate nel tempo”.