Simonetta Cesaroni, spunta un verbale che parla di un avvocato “che nascondeva una grossa borsa”
Si iniziano a chiarire alcuni dettagli sulla riapertura dell’inchiesta sul delitto di via Poma, nel quale, 32 anni fa, trovò la morte Simonetta Cesaroni. Da un articolo di Repubblica, oggi emerge che i giudici stanno lavorando su “un verbale vecchio di trent’ anni e una testimonianza appena arrivata alle orecchie della Procura di Roma, due elementi diversi che fanno traballare antichi alibi di un mistero mai risolto”.
Simonetta Cesaroni e l’inchiesta riaperta
La riapertura dell’inchiesta arriva dopo una segnalazione dell’ex funzionario della squadra mobile, Antonio Del Greco, raccolte e girate alla famiglia Cesaroni. “Tra migliaia di atti che la commissione acquisirà, ci sono anche un paio di pagine datate 11 gennaio 1992. Si tratta di un appunto che un commissario della polizia ha mandato al dirigente della Digos. Ma fu ignorato. Riguarda l’avvocato Francesco Caracciolo Di Sarno, allora presidente regionale degli Ostelli. ‘Abita nell’edificio accanto’ al luogo del delitto, scrive il poliziotto dicendo che l’uomo “‘arebbe noto fra gli amici per la dubbia moralità e le reiterate molestie arrecate a giovani ragazze, episodi che seppure a conoscenza di molti non sarebbero mai stati denunciati grazie anche alle ‘ amicizie influenti’ dallo stesso vantate’. Dichiarazioni mai confermate e non approdate a nulla, dal punto di vista giudiziario.
Sospetti sul presidente dell’Aig Caracciolo, mai indagato
Va chiarito anche che l’avvocato Caracciolo non è mai stato denunciato per fatti simili e non è mai stato indagato nell’inchiesta sul delitto Cesaroni. Ma per i giudici, quella segnalazione va approfondita perché la portiera dello stabile dove abitava Caracciolo, a due passi da via Poma, gli avrebbe raccontato che ” il giorno del delitto, pressappoco nell’ora riportata dai media come quella presunta dell’omicidio, l’avvocato sarebbe rientrato affannato e con un pacco mal avvolto presso la propria abitazione”, per poi uscire con una ” grossa borsa”, che a suo tempo Caracciolo collegò all’imminente partenza della figlia che avrebbe dovuto accompagnare in aeroporto, una circostanza divenuta poi l’alibi dell’avvocato che, secondo quel documento, dopo la riapertura del caso, nel 1992, era “oltremodo agitato e preoccupato, tanto da assumere atteggiamenti maniacali”.