Tra Putin e Zelensky ha già vinto Erdogan: dopo la sua mediazione Mosca e Kiev più vicine all’intesa
Certo, nemo profeta in patria: ma stavolta sembra proprio che il “Sultano di Ankara” faccia eccezione. E quando questa mattina, in veste di mediatore al tavolo dei negoziati tra Mosca e Kiev, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che «il mondo si aspetta notizie positive dai colloqui di Istanbul» sapeva di cosa stava parlando. E, grosso modo, quale sarebbe stato il tenore dell’incontro e quante le possibilità di avvicinarsi a un accordo di massima. Tanto che oggi, a colloqui terminati, nel buio di un conflitto senza esclusione di colpi, comincia a intravedersi uno spiraglio di luce in fondo al tunnel. Con il leader turco pronto a farsi trovare all’uscita a raccogliere un primo parziale successo sulla lunga strada della negoziazione. Che, dopo 34 giorni di guerra, vede Ucraina e Russia più vicine a raggiungere un’intesa.
Negoziati a Istanbul: il ruolo di Erdogan per arrivare a un’intesa tra Mosca e Kiev
E allora: Mosca ha annunciato una forte riduzione delle attività militari a Kiev e Chernihiv. Mentre la delegazione ucraina arrivata sul Bosforo ha messo nero su bianco alcune proposte condizionate che piacciono alla Russia, a partire dalla neutralità e dallo stop all’ingresso nella Nato, oltre alla disponibilità a non ospitare basi straniere. Erdogan, il cui “sogno” nel cassetto resta sempre quello di ospitare in Turchia un incontro tra i due «preziosi amici» Zelensky e Putin, aveva usato toni ottimisti aprendo i lavori. «Ci aspettiamo progressi concreti», aveva dichiarato. Evidenziando la posizione equidistante di Ankara e allo stesso tempo sottolineando come proseguire con le ostilità non fosse nell’interesse di nessuno. Anzi, aveva assicurato: «Con una pace giusta non ci saranno perdenti».
Cosa ci guadagna il Sultano dalla consacrazione del suo ruolo di mediatore
Il leader turco, concordano peraltro gli osservatori, ha tutto da guadagnare da una pace tra Mosca e Kiev. E, soprattutto, dal vedere “consacrato” il suo ruolo di mediatore. Sia per motivi economici, considerata la forte dipendenza turca dal gas russo. Sia per ragioni più strettamente politiche. La sua immagine internazionale, infatti, è stata appannata, dopo il fallito golpe del 2015. Dal conflitto contro i curdi in Siria e nel sud-est della Turchia. Ma anche dalla repressione del dissenso in patria, con migliaia di arresti di presunti golpisti vicini all’organizzazione del predicatore Fethullah Gulen. «Ankara ed Erdogan avevano bisogno di rifarsi l’immagine, soprattutto con il mondo occidentale», ha commentato l’ex ambasciatore italiano in Turchia, Carlo Marsili. E ora sembra proprio che il Sultano di Ankara possa passare all’incasso…