Venti anni fa le Br uccidevano Marco Biagi, Meloni: «Facciamo tesoro del suo sacrificio»

19 Mar 2022 15:32 - di Alessandra Parisi

A vent’anni dall’agguato che tolse la vita a Marco Biagi per mano delle Brigate Rosse è trasversale il ricordo della politica e delle istituzioni del grande giuslavorista. Ultima vittima del terrorismo brigatista. Biagi venne ucciso il 19 marzo 2002 a Bologna davanti al portone della sua abitazione in via Valdonica, al ritorno a casa dopo una giornata trascorsa all’Università. Sei colpi di proiettile. La sua bici a terra. Il suo corpo senza vita. Marco Biagi era un economista, editorialista del Sole 24 ore e docente di diritto del lavoro a Modena. Aveva collaborato con diversi ministeri con governi di centrodestra e di centrosinistra. Consulente dell’allora ministro Bobo Maroni è considerato il padre della riforma dell’articolo 18.

Marco Biagi a 20 anni dalla morte

“Un uomo appassionato e inerme. Uno studioso aperto ai fermenti della società”, lo ricorda così Sergio Mattarella. “Il pensiero deferente si rivolge anzitutto alla signora Marina Orlandi e ai familiari. Così crudelmente provati. Capaci di esprimere nel dolore grande dignità. Alimentando, negli anni, l’impegno di ricerca degli amici e dei colleghi di Marco Biagi. Dando seguito al suo impegno civile, culturale, politico”.

Mattarella: un uomo appassionato

Il presidente della Repubblica ricorda con lui tutta “la schiera di giuslavoristi impegnati a cogliere le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro. Altri coraggiosi riformatori al pari di Biagi erano stati uccisi, Ezio Tarantelli e Massimo D’Antona. Ciò che il terrorismo pretendeva di cancellare era proprio la capacità di dialogare”.

Casellati: un esempio di impegno civile

La presidente del Senato Elena Casellati ricorda che omaggiare Marco Biagi “significa comprendere i valori e gli ideali che quell’attentato ha voluto negare. E continuare a lottare perché essi possano guidare il processo di modernizzazione della nostra società.  Il coraggio di Marco Biagi, la sua indipendenza e il suo impegno civile ci aiutino a proseguire queste battaglie”. Roberto Fico denuncia il “disegno folle delle nuove Br. “Volto a esasperare le contrapposizioni ed il conflitto sociale. E a sabotare la ricerca, faticosa ma sempre produttiva, di soluzioni quanto più possibile condivise. Colpendo chi, come lui, era attivamente impegnato nel processo di ristrutturazione e modernizzazione del mondo del lavoro”.

Meloni: un servitore dello Stato

Giorgia Meloni dedica un post su Facebook al ventennale dell’omicidio di Biagi. “Il 19 marzo di venti anni fa veniva brutalmente assassinato dalle Brigate Rosse Marco Biagi. Marco era un uomo coraggioso, uno studioso intellettualmente onesto, un servitore dello Stato”. Così la leader di FdI che rivolge un abbraccio alla sua famiglia e ai suoi cari. “Che il suo sacrificio non venga mai dimenticato”.

Donazzan: oggi la sua riforma del lavoro è realtà

“Hanno provato a fermare le idee, uccidendo l’uomo. Ma  hanno fallito”. È il commento del governatore del Veneto, Luca Zaia. “Biagi, con la sua onestà intellettuale e la sua forza morale. è stato un grandissimo esempio, nel nostro Paese. Di chi non si arrende mai, nemmeno di fronte alle minacce”. La riforma del lavoro di Marco Biagi, aggiunge Elena Donazzan,  assessore regionale del Veneto, “oggi è una realtà. Il tema del lavoro, che è sempre stato oggetto, nella nostra nazione, di scontri ideologici, è stato un tema su cui Marco Biagi ha dato moltissimo. E non si è mai arreso per carattere, per forma mentis, per stile, per contenuti. Il suo lavoro ha permesso la costruzione di un’adesione volontaria alla revisione delle leggi. Verso una contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale. Come è quella che ha caratterizzato il Veneto e il mercato del lavoro nel nostro territorio”.

Durigon: fu ostracizzato dalla ‘sua’ sinistra

Il leghista Claudio Durigon ricorda l’ostracismo di una parte della sinistra. “Ricordare Marco Biagi vuol dire ricordare idee e battaglie per cui è stato vigliaccamente trucidato dalle Brigate Rosse. Un giuslavorista isolato e ostracizzato da una parte della ‘sua’ sinistra e del sindacato. Tanto in vita quanto da morto. Chi tuttora lo definisce ‘il padre del precariato’ – aggiunge il deputato del Carroccio – lo fa in mala fede ribaltando la realtà. Biagi si batteva affinché tutti avessero lavoro regolare e maggiori tutele. Un servitore dello Stato che merita rispetto senza barriere ideologiche“.

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