A Venezia si lamentano per i troppi turisti. Dopo due anni di chiusure hanno perso l’abitudine alla normalità
Devo dire che ieri è stata battuta una notizia dal Gazzettino, ripresa anche dal Corriere della sera, che personalmente mi ha lasciata perplessa.
Titolavano cosi: «L’assalto a Venezia. Il comandante dei vigili “un delirio”. Più di 120 mila turisti, residenti prigionieri».
Pensavo di non essere un’eccezione bensì la regola nel pensare che un’ondata di turisti paganti rappresentasse quella boccata d’ossigeno necessaria dopo due anni di carestia economica.
Ora che per la prima volta dal 2020 la Pasqua può essere vissuta con normalità, come il primo vero segnale di ripartenza, sentire lamentele per l’eccessivo flusso di persone accorse in laguna è ingeneroso, per non dire paradossale.
Ricordo ancora il grido di allarme lanciato dal sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro il 21 gennaio scorso: “Abbiamo chiesto ristori, per la filiera turistica, perché l’emergenza continua a colpire duro il settore turistico. Ci sono persone che perdono il lavoro, pensate a negozi specializzati, guida turistiche, noli, taxi. È tutto fermo, il turismo intercontinentale per noi è una percentuale importante”.
Era meglio piazza San Marco deserta con i cittadini chiusi in casa per il lockdown?
Ma come? Non più di due mesi fa, il primo cittadino di Venezia lanciava un grido di allarme e oggi che questo weekend sta restituendo alla città quel turismo tanto agognato, sentiamo lamentele?
È chiaro che un weekend non potrà risolvere una situazione incancrenita da due anni di atroce sofferenza al comparto del turismo nelle città d’arte, però mi sarei aspettata un sospiro di sollievo e non un pianto da dover consolare.
Venezia è sicuramente una città particolare.
Ci sono equilibri fragilissimi che meritano di essere rispettati, però non possiamo accogliere con paura questo esodo impetuoso.
Sicuramente 120 mila persone, tutte insieme, non sono poche.
Avranno creato anche disagi ai residenti, ma definirli ostaggio di un’ondata turistica eccessiva, faccio veramente fatica a comprenderlo.
È ancora troppo vivo il ricordo di una Piazza San Marco deserta, di una laguna immobile come un lago perché nessuna gondola ne agitava le acque. Venezia è un museo a cielo aperto. Un museo senza visitatori per troppo tempo. Questo patrimonio che tutto il mondo ci invidia merita di essere visto e raccontato.
Due anni di chiusure hanno disabituato i veneziani
Dopo due anni di chiusure c’è voglia di bellezza, di libertà, c’è voglia di tornare a viaggiare, di tornare a vivere. Oggi che c’è stata restituita la possibilità di farlo, non lamentiamoci. I nostri alberghi, i nostri ristoranti, i nostri bar, i nostri negozi hanno bisogno di turisti. Non sono stati sufficienti i sacrifici estenuanti che hanno fatto in questi anni, cari amici veneziani, per tollerare qualche disagio? Mi rivolgo ai residenti che sicuramente hanno dovuto fare i conti con una realtà a cui si erano evidentemente disabituati. Mi rivolgo a voi. Il vero ostaggio non è rappresentato dalle code che in questi giorni dovrete fare nei negozi. Il vero ostaggio è quello che speriamo di esserci lasciati alle spalle. Il vuoto, il silenzio, le saracinesche abbassate. Quella di oggi si chiama libertà, ripartenza, vita. Questa deve essere la normalità, anche se ci hanno voluto per due anni convincere del contrario.