Gualtieri fa flop, il piano di Natale non decolla neanche a Pasqua: rifiuti e cinghiali a gogò
Gualtieri aveva promesso di ripulire la Roma entro Natale. Non solo non ce l’ha fatta. Ma non ha ancora trovato una soluzione al problema. L’immondizia va fuori regione e non c’è nessuna nuova discarica in programma. Insomma, la capitale continua a essere sommersa dai rifiuti. Da cassonetti traboccanti che fanno la gioia dei cinghiali a spasso per centro e periferie, impunemente a caccia di provviste e zozzerie in cui sguazzano allegramente per la città sempre più offesa da uno scempio ininterrotto e abbandonata da chi dovrebbe amministrarla e curarla. Chi, nella fattispecie il sindaco Gualtieri che ne ha ereditato la mala-gestione dalla precedente gestione capitolina a firma Raggi, si era detto – in campa elettorale come appena insediato mesi fa – pronto a debellare mondezza e ungolati impenitenti a sguazzarci in mezzo con il loro branco.
Gualtieri, la capitale invasa da spazzatura e cinghiali: il piano Roma pulita non decolla
«Roma è più pulita di come l’abbiamo trovata, ma non è ancora pulita come merita. La strada è ancora lunga», asseriva ottimista e speranzoso a fine dicembre il sindaco Pd Gualtieri. E invece? Siamo arrivati a Pasqua è nulla è cambiato. Ma la dichiarazione d’intenti sul piano di pulizia straordinaria – sventolato come specchietto per le allodole (e in cinghiali) all’indomani dell’insediamento capitolino del primo cittadino dem – resta ancora un progetto, tutt’altro che attuato e risolto. Di più. Sono passati tre mesi dalla fine dello sforzo richiesto ad Ama e ai suoi netturbini, ma la città è sempre sommersa dai rifiuti e invasa dai cinghiali. E le immagini che lo attestano sono le stesse di sempre. Anche se le date diversificano tempi e spazi dell’inazione amministrativa e nonostante il passaggio di testimone dal M5S al Pd.
Gualtieri, i buoni propositi del post insediamento annunciati a Natale, a Pasqua sono già falliti
E a descriverle, oggi, provvede anche la Repubblica. Queste le parole usate dal quotidiano diretto da Molinari: «Strade luride e cassonetti traboccanti. Residenti alle prese con i negozianti che in attesa del passaggio del porta a porta riempiono all’inverosimile i contenitori destinati ai cittadini. Camion in uscita dagli impianti di trattamento e destinati a lunghi (e costosissimi) viaggi oltre i confini del Grande raccordo anulare. Se non oltre quelli del Lazio. Scene da una metropoli in preda alla cronica assenza di impianti di prossimità». Insomma, non siamo solo noi a dirlo. Oltre, peraltro, ai consiglieri di opposizione che denunciano a suon di atti e foto gli angoli più sudici di Roma da un quadrante all’altro della capitale: dalla Garbatella a San Paolo. Dall’Eur a Piazza Cavour.
Una emergenza continua che i social rilanciano con le immagini di sempre…
Così, mentre i social rilanciano le sequenze dello scempio – con le immagini dei cinghiali che scorrazzano e pasteggiano ai cassonetti fonte di sostentamento e gaudio – Ama “supervisiona” e aspetta nuove assunzioni, forte della Cgil che ne ha invocate 1500. Nel frattempo, però i ranghi di netturbini in servizio sono ridotti, anzi falcidiati dal Covid che continua a imperversare. Non solo. Il sistema di gestione e smaltimento della spazzatura fa acqua da tutte le parti e incista criticità virali. Gualtieri deve realizzare gli impianti ad Ama e adoperarsi chiedendo subito alla Regione Lazio di autorizzare gli impianti anaerobici. Problematiche diventate endemiche da tempo, su cui hanno infierito polemiche e scontri. Iter autorizzativi e ping pong estenuanti tra Comune e Regione (un derby infinito adesso giocato tutto in casa Pd), che hanno trasformato l’emergenzialità in ordinaria drammaticità.
E le difficoltà si incrociano ed elevano al quadrato i problemi
Arrivando addirittura a incrociare le difficoltà. Come scrive per esempio sempre Repubblica, allora, e «per portare i rifiuti fuori regione e, in treno, all’estero, i costi medi di gestione di ogni singola tonnellata di spazzatura capitolina sono cresciuti di circa un terzo. Anche la guerra in Ucraina e i suoi effetti, in testa il rincaro di benzina e gasolio, stanno avendo il loro peso: la chiusura di Albano costa alla municipalizzata – e quindi a tutti i romani – quasi 50 mila euro al giorno. Spendere, mandando in soffitta i propositi di abbattimento della Tari, è l’unico modo per evitare il tracollo». Un’ipotesi secondo cui, tanto per cambiare, ai romani non resta che incassare, oltre al danno, anche la beffa. Come quella del premio di produttività per chi va a lavorare: la mossa dell’Ama per cercare di agevolare la promessa di «ripulire Roma entro Natale» fatta dal sindaco Roberto Gualtieri…