Insulti a Meloni, l’assurda giustificazione di Canfora: «Ho detto che è neonazista, non nazista»
Ha detto «neonazista», mica «nazista» e, sostiene, è tutta «un’altra cosa». Luciano Canfora, lungi dal fare ammenda e, se non chiedere scusa, per lo meno ammettere il grave “scivolone”, difende le sue parole contro Giorgia Meloni, che hanno suscitato tanto sdegno. Del quale, a quanto sembra, non pare capire il motivo, perché, appunto, non solo «il termine neonazista è un’altra cosa rispetto a nazista», ma, è la sua tesi, ben si presta a definire la leader di FdI. Insomma, non pago di insulti già di per sé indifendibili, Canfora cerca anche di giustificarli con argomenti insostenibili.
La tesi di Canfora su “Meloni neonazista”
«Neonazista è, ad esempio, l’atteggiamento di chi usa le navi da guerra per respingere i migranti», ha detto il professore all’agenzia di stampa Adnkronos. «Si tratta – ha aggiunto – di comportamenti piuttosto recenti di una dirigente politica che ha le sue idee, secondo me troppo forti, sul terreno fondamentalissimo della migrazione in atto nel Mediterraneo e su cui a suo tempo abbiamo sentito parole tremende». E, ancora, «neonazista è uno che non accetta e non rispetta l’unità del genere umano e che riguardo al fenomeno migranti si esprime in maniera bellica. Coloro che scappano dalla Libia sono esseri umani da rispettare altrettanto degli ucraini e non da respingere con le cannoniere. Questa è la mia obiezione e la ragione per la quale io approdo al concetto di neonazista, perché rassomiglia a quell’atteggiamento mentale – ha sostenuto Canfora – secondo cui alcuni esseri umani sono di serie B».
Il professore si autoassolve: «Non c’è reato»
Dunque, al di là delle sua personale interpretazione delle proposte di FdI contro l’immigrazione clandestina, se capiamo bene, apprendiamo da Canfora che battersi contro il fenomeno e rimarcare la differenza tra migranti economici e profughi che scappano da una guerra qualifica un politico come neonazista e la Meloni come una persona che «non rispetta l’unità del genere umano». Ma, no, questo, si è rassicurato il professore, non può essere oggetto di querela, perché, ha sostenuto, «una valutazione politica in termini di metafora politologica non può costituire reato, qualunque giurista lo sa».
Meloni: «Odio politico inaccettabile»
Meloni, anche dopo queste parole, ha ribadito su Facebook di aver «già dato mandato per agire legalmente contro le ignobili parole nei miei confronti». «Invece di scusarsi – ha commentato la leader di FdI – il filologo Canfora afferma che definirmi “neonazista” per il sostegno al popolo ucraino sarebbe “altra cosa rispetto a nazista”. Oltretutto mischiando e mistificando la proposta del blocco navale, una missione europea in accordo con le autorità nordafricane. A voi sembra normale che nelle scuole si dia spazio a un tale odio politico? Io – ha concluso – lo trovo a dir poco inaccettabile».
Il «problema» degli ucraini? Azov, mica Putin
Ma Canfora, sottolineando che «esistono tanti movimenti neonazisti in tutto il mondo e partiti neonazisti negli Stati Uniti d’America e altrove», si è addentrato anche nel tema della guerra in Ucraina, di fatto rilanciando la tesi giustificazionista secondo cui, in effetti, qualcosina da “denazificare” ci sarebbe. Il professore, infatti, ha sostenuto che «c’è una parte molto aggressiva all’interno delle formazioni militari ucraine che si manifesta esplicitamente come tale, con le bandiere rossonere, il Battaglione Azov, ad esempio, è una formazione neonazista. Allora dov’è il problema? Dirlo non si può? È un fatto. Ciò che ho voluto sottolineare è che all’interno delle formazioni militari ucraine c’è anche l’elemento neonazista, non fare di tutta l’erba un fascio. Però – ha aggiunto – se io imbarco nel mio esercito una formazione che si proclama neonazista, qualche problema ce l’ho».
L’«errore» russo: «Fare marcia indietro su Kiev»
Quanto, dunque, all’obiettivo di Putin di “denazificare” l’Ucraina, per Canfora, «un politico adopera argomenti che possono essere convincenti e diventano dal punto di vista dei suoi avversari dei pretesti. Nella fattispecie, posso soltanto dire che, in mancanza di notizie verificabili, mi colpisce moltissimo il fatto che la Russia abbia tentato addirittura di colpire Kiev per poi fare marcia indietro: una grande potenza non può commettere errori di questo genere». E quasi quasi sembra che il professore se ne rammarichi, mentre svolge la sua analisi sulla volontà di Putin di “denazificare” l’Ucraina.
In fondo Putin vuole solo liberare il Donbass…
«È dalla situazione specifica del Donbass che prende origine tutto, essendo in atto dal 2015 una guerra fantasma con tantissimi morti ad opera di battaglioni come Azov. Allora, “denazificare” – ha sostenuto Canfora – diventa al tempo stesso un motivo e un pretesto. Putin o meglio Medvedev, dicendo “denazificare”, si riferisce alle gesta del Battaglione Azov nel Donbass. Le mire della Russia si rivolgono al Donbass, secondo quanto apprendo dai giornali e da analisti come Caracciolo». «Non so se sia la verità, ma mi sembra plausibile che l’obiettivo è quello di consolidare il distacco, l’autonomia delle province russofone delle quali il Donbass è la principale», ha concluso Canfora, al quale deve essere sfuggita la lunga dissertazione del commentatore Timofei Sergeitsev, su Ria Novosti, l’agenzia di stampa russa che è pressoché un organo ufficiale del Cremlino, su cosa si debba intendere con l’espressione «denazificare l’Ucraina».