L’allarme della Dia: da quella nigeriana all’albanese e alla cinese, ecco come prosperano le mafie straniere
Traffico di droga, tratta di esseri umani e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e sfruttamento della prostituzione sono tra i business più redditizi per le organizzazioni mafiose straniere, secondo la Dia, la Direzione Investigativa Antimafia. Che fotografa, con la sua consueta relazione semestrale – in questo caso il primo semestre del 2021 – lo stato delle mafie in Italia, con un focus su quelle straniere, soprattutto quelle nigeriane e quelle albanesi.
Due realtà criminali spietate che convivono in maniera singolare con le mafie locali: al nord sono autonome e affrancate, al sud trovano saldature strategiche perseguendo interessi comuni, soprattutto nel narcotraffico.
“Lo scenario criminale siciliano si presenta variegato per la compresenza nel territorio regionale di organizzazioni di matrice mafiosa sia autoctone che allogene. Cosa nostra non rappresenta l’unica matrice criminale di tipo mafioso operante nella trinacria”, avverte la Dia nell’ultimo rapporto sulla criminalità organizzata in Sicilia.
“Se nel versante occidentale essa conserva un’immutata egemonia benché si registri la presenza molto attiva di gruppi criminali di etnia nigeriana operanti soprattutto nel capoluogo, nell’area orientale sono tuttora attive compagini storicamente radicate quali la “stidda” e altre numerose organizzazioni mafiose non inquadrabili nella struttura di Cosa nostra – spiega la Dia. – Anche in questo quadrante la mafia nigeriana è ben radicata e particolarmente attiva in diversi settori criminali”.
“La coesistenza di diverse matrici mafiose si fa convivenza laddove sullo stesso territorio si giunge ad accordi utilitaristici in uno o più settori di cointeressenza confermando ulteriormente la tendenza, già emersa in passato, a rinunciare alla violenza e ai conflitti cruenti in favore di una predilezione per gli affari – mette in guardia la Dia. – In questo ambito rappresentano un quid novis i rapporti con le mafie nigeriane soprattutto nella città di Palermo dove i sodalizi centrafricani sembrano aver acquisito un vantaggio competitivo nel settore degli stupefacenti“.
“I cults nigeriani sono infatti in grado di governare l’offerta e la domanda, i flussi di sostanze stupefacenti e soprattutto i cospicui proventi derivanti da un mercato che si conferma tuttora fiorente nonostante la pandemia – si legge nel rapporto Dia. – Si segnala a questo proposito l’indagine “Ika Rima” conclusa dai carabinieri il 10 giugno 2021 che ha disvelato l’esistenza di un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti risultata essere una vera e propria articolazione criminale della confraternita nigeriana di natura cultista degli “Eiye”.
”Le organizzazioni nigeriane risulterebbero in ogni caso inserite a pieno titolo nel narcotraffico utilizzando una complessa rete di corrieri ‘ovulatori’ che introducono nel territorio nazionale eroina e cocaina avvalendosi dei normali vettori aerei e terrestri oppure sfruttando le rotte dei flussi migratori irregolari – avverte la Dia. – La criminalità nigeriana sarebbe dedita anche alla tratta di esseri umani connessa con lo sfruttamento della prostituzione e all’accattonaggio forzoso”.
”I sodalizi risultano inoltre attivi nelle estorsioni in danno di cittadini africani, nella falsificazione di documenti, nella contraffazione monetaria, nelle truffe e frodi informatiche, nonché nei reati contro la persona e il patrimonio – si legge nella relazione. – È necessario evidenziare che i livelli di manifestazione espressa da tale forma di criminalità etnica sembrerebbero diversi”.
“Alcuni soggetti infatti – ricostruisce la Dia – operano come semplice manovalanza e sovente in qualità di spacciatori al dettaglio nell’ambito di organizzazioni di media strutturazione di matrice esclusivamente nigeriana o interetnica cui partecipano varie nazionalità sub-sahariane”.
Ma, ad “assumere particolare rilievo sono i cosiddetti secret cults le cui caratteristiche essenziali sono l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e in generale un modus agendi al quale la Corte di Cassazione ha più volte riconosciuto la tipica connotazione di mafiosità”.
”L’operatività della criminalità nigeriana in Italia è andata evidenziandosi concretamente sin dai primi anni ’80 dapprima nelle Regioni del nord-Italia e successivamente in quelle del centro-sud in particolar modo in Campania nella provincia di Caserta e sul litorale domitio – spiega la relazione Dia. – Si tratta di un territorio caratterizzato in precedenza dall’esclusivo controllo del clan dei Casalesi e poi divenuto esempio di coesistenza di fatto tra le consorterie nigeriane e ghanesi e la criminalità autoctona. I cittadini nigeriani, spesso irregolari, sono oggi stanziali su tutto il territorio nazionale dal nord al sud con presenze importanti e significative anche nelle isole maggiori”.
La relazione della Dia passa in rassegna anche altre mafie straniere come quella albanese. Che ha sue caratteristiche proprie.
”La criminalità albanese è tra le più complesse e articolate espressioni nello scenario della criminalità straniera in Italia – rivela la relazione semestrale della Dia. – I malviventi albanesi presenti su gran parte del territorio nazionale dimostrano tipologie organizzative e operative fra loro differenti”.
“Taluni interagiscono nell’ambito di piccoli gruppi anche multietnici generalmente per la commissione di reati contro il patrimonio. In altri casi – analizza la Dia – si sono consolidati in organizzazioni criminali strutturate e durevoli radicate sul territorio e operanti secondo modalità simili a quelle delle ‘mafie tipiche’.”.
“L’uso indiscriminato della violenza è una caratteristica di tali sodalizi sia per quel che concerne la composizione di faide interne legate alla gestione del mercato della droga, sia quale mezzo di intimidazione e di assoggettamento”. Ma non è l’unico elemento caratterizzante.
”Una caratteristica peculiare delle organizzazioni albanesi riguarda poi le ‘affiliazioni’ basate spesso su legami familiari o comunque tra soggetti che provengono dalla stessa città o dalla stessa area geografica del Paese d’origine e fondate su specifici codici di comportamento”.
“Il settore di interesse prevalente per la criminalità albanese è – si legge nella relazione – quello del traffico di sostanze stupefacenti sebbene risulti attiva anche nel traffico di armi, nonché nella tratta di esseri umani e nello sfruttamento della prostituzione talvolta in accordo funzionale con organizzazioni di diversa etnia (rumena e nigeriana)”.
Una saldatura che si è realizzata grazie alle sciagurate politiche immigrazioniste dei vari governi illegittimi che si sono succeduti in questi anni disgraziati per l’Italia.
”In materia di stupefacenti la criminalità cinese detiene e gestisce quasi in esclusiva il traffico e lo spaccio dello shaboo – dice la Dia. – Si tratta di una droga sintetica molto diffusa tra i giovani asiatici che viene ceduta talvolta anche a pusher di altre nazionalità in particolare filippini e africani”.
”La criminalità cinese presenta una struttura sostanzialmente gerarchica le cui connotazioni sono incentrate su relazioni di carattere familiare e solidaristico – si legge nella relazione della Dia – La caratteristica principale dei gruppi criminali cinesi è data dalla loro struttura chiusa e inaccessibile. In taluni casi sono emersi accordi di tipo funzionale con organizzazioni italiane o la costituzione di piccoli sodalizi multietnici volti alla gestione della prostituzione, alla commissione di reati finanziari e al traffico di rifiuti”.