Le scarpe italiane a Mosca, le sanzioni non fermano 50 imprese. «Questione di vita o di morte»
Le scarpe italiane a Mosca. Una cinquantina di imprese italiane, tra le quali anche trenta marchigiane, partecipano fino a venerdì a Mosca all’Obuv’Mir Kozhi, la fiera del calzaturificio e pelletteria organizzata dal 1997 da Bolognafiere e Assocalzaturifici. La loro presenza, nonostante l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni contro la Russia, ha provocato moltissime polemiche. Ma, come si legge su Repubblica, per i calzaturifici italiani specializzati nel mercato russo trovare altri sbocchi in questo momento è impossibile. Qualche imprenditore ha parlato anche di “una questione di vita o di morte”.
Le scarpe italiane a Mosca
Inizialmente la partenza era stata posticipata nella speranza che la guerra finisse, ma poi a fronte degli stand già pagati e della necessità di vendere i loro prodotti hanno deciso di partire lo stesso. «Abbiamo dovuto onorare i contratti che sono pluriennali e prevedono penali nel caso non vengano rispettati – spiega a Repubblica, il direttore generale di Bolognafiere, Antonio Bruzzone –. Le imprese hanno premuto per andare ugualmente, non ci sembra per questo di minare il fronte anti-russo». «Obuv’ rappresenta una fiera importante del settore, eravamo già organizzati per partecipare – spiegano sempre al quotidiano da Pollini, marchio di San Mauro Pascoli, nel Cesenate –. La Russia rappresenta un mercato importante e faremo una raccolta ordini che saranno processati se ci saranno le condizioni che permetteranno di farlo, rispettando tutte le nuove normative».
Non è vietata la vendita di scarpe italiane in Russia
Le norme Ue, si legge ancora su Repubblica, non vietano la vendita di scarpe in Russia: le sanzioni colpiscono solo gli articoli di lusso, dai 300 euro in su di prezzo. Da Fermo il presidente della Confindustria locale, Arturo Venanzi, ex referente per Assocalzaturifici per il mercato russo spiega: «Ci sono aziende che lavorano per l’80-90% su quel mercato, qui si decidono le sanzioni senza pensare alle conseguenze». Per Venanzi «siamo tutti concordi nel condannare la guerra, ma le aziende devono sopravvivere e gli operai bisogna mantenerli».
La Regione Marche difende gli imprenditori
Difende gli imprenditori la Regione Marche. «Se la partecipazione è consentita, non vedo per quale motivo la Regione non dovrebbe dare sostegno alle imprese, che sono preoccupate e che con coraggio e determinazione cercano di tutelare se stesse e, facendolo, tutelano anche l’occupazione e il nostro prodotto interno lordo», dice il presidente delle Marche, Francesco Acquaroli a Repubblica. E Vincenzo Colla, assessore allo Sviluppo economico della Regione Emilia-Romagna, azionista con l’11,6% di Bolognafiere puntualizza: «Si tratta di un contratto pluriennale sottoscritto ben prima del conflitto. Non possiamo certo fermare attività permesse dalla legge».
L’imprenditore: «Senza aiuti non possiamo farne a meno»
Un imprenditore, Marino Fabiani, 67 anni, titolare dell’azienda calzaturiera Marino Fabiani di Fermo, si trova a Mosca da tre giorni. «Non posso rinunciare – spiega l’imprenditore a Repubblica – al mercato russo o cambiare strategia in corsa». E poi ancora: «Noi delle Marche lavoriamo bene su questo mercato, senza aiuti non possiamo farne a meno. Del resto nel terzo millennio nessuno avrebbe mai immaginato che ci fosse ancora la guerra, io non ci credevo». Quante vale per voi la Russia? «Il 75% del fatturato, io mi sono strutturato per questo tipo di mercato, per poter presentare scarpe di qualità al giusto prezzo. Se vado negli Stati Uniti o negli Emirati non me le prendono, bisogna organizzarsi diversamente». E infine: «Queste sanzioni non servono, la situazione sta diventando sempre più dura. Se stuzzichi la tigre che dorme diventa ancora più feroce. Alla Russia sta succedendo questo».