L’omicidio Cucchi arriva oggi in Cassazione a 13 anni dalla morte. Giovedì la sentenza di primo grado per i depistaggi
Al via oggi in Cassazione, davanti ai giudici della Quinta sezione penale, l’udienza del processo, in cui sono imputati 4 carabinieri, per la morte del geometra romano Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre del 2009 e morto sette giorni dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma.
Per evitare assembramenti, all’udienza pubblica possono accedere solo le parti e i loro legali.
I supremi giudici dovranno decidere se confermare o meno la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma che, il 7 maggio dello scorso anno, condannò a 13 anni, per omicidio preterintenzionale, i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro accusati del pestaggio di Cucchi.
In secondo grado era stato condannato per falso a quattro anni Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia e a due anni e mezzo per lo stesso reato Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni aveva per la prima volta parlato del pestaggio avvenuto nella caserma Casilina la notte dell’arresto.
“Oggi è un giorno che aspettavamo da molto, adesso ci aspettiamo una conferma delle sentenza di Appello e che dopo 13 anni si arrivi a mettere la parola fine su questa vicenda”, dice l’avvocato Stefano Maccioni, legale dei genitori di Stefano Cucchi, entrando in Cassazione.
“Questa vicenda ha restituito speranza e fiducia a tante persone, speriamo che questa fiducia non venga delusaz”, ha detto Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, entrando in Cassazione con l’avvocato Fabio Anselmo prima dell’inizio dell’udienza del processo.
“Dopo 15 gradi di giudizio e più di 150 udienze è una vicenda estenuante, siamo stremati ma siamo arrivati sin qui e abbiamo fiducia nella verità” ha aggiunto l’avvocato Anselmo.
Il prossimo 7 aprile, invece, davanti al giudice monocratico Roberto Nespeca, nel processo di primo grado sui presunti depistaggi seguiti alla morte di Cucchi, ci saranno, sul banco degli imputati, otto carabinieri, accusati a vario titolo e a seconda delle posizioni di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia.
Per loro il pm Musarò ha chiesto condanne che vanno dai 7 anni a un anno e un mese: “C’è stata un’attività di depistaggio ostinata, che a tratti definirei ossessiva – aveva detto il rappresentante della pubblica accusa nella requisitoria dello scorso dicembre, con l’allora procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, presente in aula accanto a lui. – I fatti che siamo chiamati a valutare non sono singole condotte isolate ma un’opera complessa di depistaggi durati anni” sottolineando come “non è un processo all’Arma dei carabinieri, il procedimento riguarda 8 persone appartenenti all’Arma ma non e’ un processo all’Arma”.