Mantovani: «Preoccupa l’impatto del Long Covid sulla società. Sintomi dopo un anno nel 10% dei casi»
Ci sono gli effetti sulle persone: stanchezza, problemi neurocognitivi e cardiorespiratori, dolori. E quelli sulla società. Perché il long Covid per molti vuol dire non riuscire a recuperare la capacità lavorativa anche dopo 6 mesi o un anno. Per questo l’impatto degli effetti a lungo termine della malattia «preoccupa» gli esperti. Anche in Italia, dove a breve si attende un documento dell’Accademia dei Lincei. A spiegarlo è stato Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano e presidente della Fondazione Humanitas per la ricerca.
Dopo un anno ancora sintomi nel 10% delle persone
«Stime britanniche parlano del 10% delle persone che hanno sintomi a più di un anno di distanza dalla malattia», ha spiegato l’immunologo, facendo riferimento anche allo studio Epilogue, «una grande indagine su persone non ospedalizzate nella Germania del Sud fra i 18 e i 65 anni che hanno avuto il Covid, in cui è stata riscontrata in particolare la persistenza di stanchezza, problemi neurocognitivi e cardiorespiratori, senza contare gli altri, a partire dai dolori». «Colpisce fra l’altro che queste persone, anche giovani o di mezza età, dopo 6-12 mesi non abbiano recuperato pienamente la capacità lavorativa, senza che ci sia un’associazione fra età e sintomi. È qualcosa che allarma e dovrebbe spingere i giovani a vaccinarsi», ha detto ancora Mantovani in un’intervista al Corriere della Sera.
L’identikit di chi è più esposto al Long Covid
Per quanto riguarda l’identikit di chi rischia di più il long Covid, «sembra siano importanti alti livelli di Rna virale nel sangue, la riattivazione di un altro virus, quello di Epstein-Barr, il diabete di tipo 2, la comparsa di auto-anticorpi ad ampio spettro (nella malattia acuta intorno al 10% delle persone sviluppa auto anticorpi che bloccano la prima linea di difesa del sistema immunitario)». «Sembra avere un ruolo, in generale, un’attivazione inappropriata del sistema immunitario», ha spiegato ancora l’esperto, sottolineando che «acquisendo sempre più informazioni speriamo di imparare a prevederne l’andamento e a bloccarlo».
Mantovan: «Quarta dose per fragili e over 80, ma più urgente non ha la terza»
Quanto alla quarta dose di vaccino «credo sia opportuna, oltre che per i soggetti fragili e vulnerabili di qualsiasi età, per chiunque abbia più di 80 anni. E sarebbe auspicabile che in Europa si operasse una scelta unica e condivisa in merito, evitando che ogni Paese stabilisca età diverse». Per Mantovani non è il caso di aspettare l’autunno «per i soggetti fragili, sebbene sia ottimista sull’arrivo di nuovi preparati. Piuttosto in autunno sarà opportuno ribadire che, oltre al vaccino per Covid, andrà fatto anche quello antinfluenzale». «In ogni caso il problema più urgente, ancora più della quarta dose, è quello relativo ai milioni di persone che in Italia ancora non si sono sottoposti alla terza. E questo – ha concluso l’immunologo – preoccupa anche in chiave long Covid».