Marocchinate, Ciotti: «Pd e Anpi offendono le vittime. No alla richiesta di archiviazione della procura»

6 Apr 2022 18:06 - di Redazione
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«Nell’apprendere la notizia della proposta di archiviazione per il reato di diffamazione a mezzo stampa, sono rimasto turbato e profondamente arrabbiato. L’articolo 3 della Costituzione, dove si dice che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, è una pura utopia. La legge viene applicata e interpretata in maniera del tutto personale, soprattutto quando si tratta di personaggi di sinistra». Così all’AdnKronos Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione nazionale vittime delle “Marocchinate” (violenze di massa compiute a danno di migliaia di italiane e italiani da parte dei goumier francesi, soldati di nazionalità marocchina inquadrati nel Corpo di spedizione francese, nel corso della campagna d’Italia della Seconda guerra mondiale), commenta la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Milano nei confronti del sindaco di Milano Beppe Sala, della Segretaria del Pd Milano Metropolitana, Silvia Roggiani, e di Roberto Cenati, Presidente Anpi provinciale di Milano. Richiesta di archiviazione verso la quale Ciotti si è formalmente opposto tramite il suo legale.

Marocchinate, che cosa è accaduto a Milano

L’Adnkronos ricostruisce tutta la vicenda. La Giunta del Municipio 2 di Milano, si legge nella querela del 16 giugno 2021, aveva dato il suo assenso all’iniziativa “Presentazione dell’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate e relative attività di ricerca storia e divulgazione culturale”. Alla vigilia dell’evento, però, l’11 giugno 2021, il sindaco Sala pubblica un post sulla sua pagina Facebook in cui si legge: «Ho scoperto in queste ore che il Municipio 2, il cui Presidente è il leghista Samuele Piscina, ha avviato una collaborazione e accordato l’uso del logo del Municipio e del Comune di Milano ad un incontro pubblico inutilmente provocatorio in cui si parla di violenze nel corso della Seconda guerra mondiale. La storia è una cosa seria: usarla per provocazioni dal sapore di razzismo (non a caso, partecipa una casa editrice vicina a Casapound) è una cosa che Milano e i milanesi non possono accettare».

Le reazioni

Lo stesso giorno, sulla stessa vicenda, prende posizione con un post anche Roggiani: «Facile intuire l’intento propagandistico e revisionistico dell’evento, che strumentalizza una tragedia storica realmente accaduta, e che non a caso è moderato da Lorenzo Cafarchio della casa editrice legata a Casapound, Altaforte (…). E del tutto inaccettabile che si usino le istituzioni, che appartengono ai cittadini, per fare propaganda revisionista». Sempre l’11 giugno a pubblicare un terzo post è Cenati, che parla di “vergognosa iniziativa” alla quale «è stato invitato un esponente della libreria Altaforte che fa riferimento a CasaPound (…). Il titolo del convegno assume oggi un sapore apertamente xenofobo e discriminatorio (…). Chiediamo al Presidente del Municipio 2 il ritiro del logo e l’annullamento dell’iniziativa che si denota per il suo carattere razzista».

Il prefetto di Milano annulla il convegno

Lo stesso giorno, ricorda ancora l’Adnkronos,  il Prefetto di Milano annulla il convegno ritenendolo incompatibile con le norme anti Covid, e Cenati commenta con un quarto post: «È stato annullato il vergognoso convegno “Marocchinate”, dal sapore xenofobo». Nella querela Ciotti afferma che i post “pubblicati su Facebook” hanno un «intento diffamatorio e fuorviante riguardo l’evento in questione e l’attività svolta dall’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate», e inoltre «rappresentano un attacco diretto al sottoscritto».

Marocchinate, la querela

Nello specifico, riporta la querela, il post del sindaco Sala «offende la reputazione del sottoscritto, difatti viene dichiarato che l’evento organizzato e l’Associazione Nazionale che presiedo ha scopi definiti “razzisti” e di “revisionismo storico”. Tali affermazioni vanno ad offendere la reputazione di storico ed autore del sottoscritto nonché l’Associazione che presiedo. Tali frasi diffamatorie provocano una lesione delle qualità personali, morali, sociali, professionali, ledendo l’immagine, l’onore ed il decoro di tutta l’Associazione» e “dell’autore storico”. Quanto al post di Roggiani, Ciotti sottolinea che parla di “intenti propagandistici” e “revisionismo storico” ledendo “il nome del sottoscritto” nonché l’immagine dell’associazione. Infine, per Ciotti anche le affermazioni contenute nel post dell’Anpi «ledono l’immagine e la professionalità» dell’autore e dell’associazione.

Il pm chiede l’archiviazione

Il 30 luglio del 2021, scrive ancora l’Adnkronos,  il pm milanese Maria Cardellicchio chiede l’archiviazione del procedimento spiegando che “i querelati” hanno «legittimamente esercitato il loro diritto di critica», e che «nella giurisprudenza consolidata il fatto commesso nell’esercizio del diritto di critica è scriminato ai sensi dell’articolo 51 c.p (…)».

Per il pm, «le critiche formulate dai querelati si basano su un fatto vero, ossia l’organizzazione di un’iniziativa in associazione con soggetti (…) di orientamento dichiaratamente fascista». Quanto alla “continenza di linguaggio”, prosegue, “i querelati si sono espressi con termini forti”, ma al «riguardo, la giurisprudenza è netta nell’affermare che la critica può essere espressa anche con linguaggio forte e polemico, purché non sfoci in offese gratuite alla persona. Ed è ciò che è avvenuto nel caso di specie: i querelati, infatti, non hanno offeso gratuitamente il dott. Ciotti, ma l’hanno criticato per aver organizzato un’iniziativa da essi soggettivamente ritenuta vergognosa e provocatoria».

L’opposizione di Ciotti

A tali conclusioni, ricorda l’Adnkronos,  si è opposto Ciotti tramite il suo legale, Antonio Radaelli, per il quale «non sono affatto stati rispettati i canoni della continenza del linguaggio», in quanto aggettivi come «razzismo, revisionistico, xenofobo e discriminatorio» sono «chiaramente rivolti non solamente all’iniziativa stessa ma anche verso l’organizzatore e relatore», il quale, «qualora ciò fosse vero», sarebbe «indagato, processato e condannato» per violazione della legge. Al contrario, sottolinea il legale, Ciotti non ha mai subito procedimenti penale in tal senso.

«Si offende la dignità di tutte le donne violentate durante la guerra»

«Mi chiedo come sia possibile con 700.000 leggi in Italia – conclude Ciotti parlando con l’AdnKronos –, non trovare i riferimenti per contestare un incitamento all’odio come quello a cui abbiamo assistito. Tutto ciò porta all’esasperazione di atteggiamenti discriminatori e persecutori verso chi come me e la mia associazione parla da anni di stupri di guerra su donne uomini e bambini e che ad ogni convegno deve essere scortato dalla pubblica sicurezza visti gli innumerevoli attentati e minacce ricevute. Con questa decisione si offende ancora una volta la dignità di tutte le donne violentate durante la guerra, comprese quelle recenti in Ucraina».

 

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