Open Arms, il selfie di Salvini alla nuova udienza: «Saluti dall’Aula bunker dei processi ai mafiosi»

8 Apr 2022 12:42 - di Agnese Russo
salvini open arms

«Vi saluto dall’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo, quella degli storici processi alla mafia, dove oggi risponderò dell’accusa di “sequestro di persona” perché, da ministro e da italiano, ho difeso i confini, salvato vite e protetto l’Italia, le sue leggi e la sua dignità. A testa alta e col sorriso, vi abbraccio». A scriverlo sui propri social, postando un selfie dall’Aula bunker, è stato Matteo Salvini, a Palermo per una nuova udienza del processo Open Arms.

«Ho fatto il mio dovere, si perdono tempo e soldi dei contribuenti»

«In un momento in cui si parla di difesa dei confini in altre parti del mondo, io ho fatto quello che era il mio dovere, quindi non ho nessuna preoccupazione da questo punto di vista», ha poi detto Salvini durante una pausa del processo, commentando che «è solo il tempo che si perde e i soldi che costa al contribuente italiano». «Noi – ha aggiunto – stiamo parlando del tema tasse, fisco e lavoro».

La nuova udienza del processo Open Arms contro Salvini

L’udienza, che si è aperta con l’annuncio di una nuova composizione del collegio, per via della sostituzione per maternità di una dei magistrati in carica, ha riguardato l’ascolto dei testimoni chiesti dalla Procura e, in particolare, sulle «condizioni fisiche e psicologiche dei naufraghi a bordo», ha fatto sapere la stessa Ong spagnola. Sul banco i testimoni sono stati chiamati Marc Reig Creus, il capitano Open Arms; Dario Caputo, l’ex Prefetto di Agrigento: Rosa Maria Iraci, Questore di Agrigento; Vincenzo Asaro, Direttore sanitario dell’ospedale di Licata; Cristina Camilleri, Responsabile CTA Dipartimento salute mentale di Agrigento; Alessandro Dibenedetto, Psicologo Emergency; Katia Valeria Di Natale, medico in servizio presso lo staff Cisom. Asaro ha riferito di condizioni sanitarie a bordo «mediocri», mentre Camilleri ha parlato di «profughi tutti molto provati».

La Ong detta la linea dell’accusa

Quale sia la chiave di lettura che si vuole dare emerge, poi, dalle parole del capitano della Open Arms, Creus, alla vigilia dell’udienza: «I naufraghi dovettero attendere sul ponte della nostra nave subendo sofferenze inutili e gratuite. Inoltre, la disperazione e l’impotenza di fronte al rifiuto di sbarcare in un porto sicuro, spinsero alcuni di loro a tuffarsi in acqua senza che sapessero nuotare, cosa che mise ulteriormente in pericolo le loro vite. Mi auguro che la legge italiana faccia giustizia stabilendo le responsabilità di quegli eventi, dimostrando che i diritti umani devono sempre andare oltre gli interessi politici».

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