A Milano le scritte dell’odio: “Tutti i fasci come Ramelli, con una chiave inglese tra i capelli”
“Tutti fasci come Ramelli con una chiave inglese fra i capelli“. Ancora odio antifascista, ancora livore ideologico e insulti alla memoria. Sergio Ramelli , ucciso a 17 anni nel 1975 a colpi di chiave inglese Hazet 36 da un commando di Avanguardia operaia, è nuovamente vittima. La sua memoria oltraggiata. Siamo a Milano, zona San Siro. Sui muri dell’istituto tecnico Ettore Conti ieri sono comparse scritte a vernice rossa. Nelle quali, dopo 47 anni, si inneggia alla morte di Sergio. E si spera che altri ‘fasci’ facciano la stessa fine crudele e inaccettabile. “Milano antifà, più fasci morti” si legge sui muri del liceo.
Scritte antifà a Milano contro Sergio Ramelli
Alessandro De Chirico, capogruppo di Forza Italia al Comune di Milano parla di “inutili idioti. Che hanno voluto commemorare il cinquantenario dell’omicidio Calabresi da vigliacchi ignoranti. Un’azione attuata con il favore del buio”, sottolinea l’esponente azzurro. “Nascondendosi esattamente come accusano altri di fare. E dimostrando di non avere la più pallida idea di cosa sia la militanza politica. Un’attività che quelli che hanno qualche cosa da dire svolgono alla luce del sole». Poi la proposta di buon senso. Distensiva e dialogante. Per costruire quella pacificazione nazionale che la sinistra dimostra, fatti alla mano, di non volere. “Organizzare un dibattito studentesco sugli anni di piombo”.
De Corato: rimuovere subito quella vergogna sui muri
Riccardo De Corato, assessore regionale alla Sicurezza di Fratelli d’Italia, ha chiesto la rimozione immediata di quelle scritte (schifose). E auspicato un’azione della questura per individuare i responsabili. “Evidentemente a Milano c’è ancora gente nostalgica delle Hazet 36. Nulla da dire su questo odio, questa violenza e questa voglia di ammazzare che, evidentemente, provengono solo da una certa parte politica? Non mi stupirei se dal centrosinistra non arrivassero parole di condanna per queste vili offese”.
Il tema delle Br fu la condanna a morte di Sergio
Per Sergio tutto cominciò con un compito in classe. Tema di italiano, traccia: descrivere un episodio che li avesse impressionati. E il giovane militante del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile missina, parlò del primo assassinio delle Brigate Rosse. A Padova nel 1974, quando terroristi rossi entrarono in una sede del Msi. E uccisero a freddo Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola. Tanto bastò per appiccicargli addosso l’infamia del fascista. Quel tema fu la sua condanna a morte. Complice l’omertà della scuola e la faziosità dei professori. I membri del collettivo politico di Avanguardia Operaia affissero sui muri dell’istituto fogli di carta con il testo del compito in classe di Sergio. Con la scritta: “Ecco il tema di un fascista”. La mattina del 13 gennaio 1975, Ramelli fu aggredito all’uscita da scuola. Colpito a chiavi inglesi sul cranio morirà dopo 48 giorni di coma. Tutto secondo i piani della sinistra parlamentare. Che si esercitava con i ragazzi di destra per poi colpire più in alto. Carne da macello per le Br, perché ‘uccidere un fascita non è reato”. Uno slogan poi smentito, a fatica, dall’intelligenza progressista e dalle istituzioni dopo la morte di Paolo Di Nella. Ma che per i ridicoli antifascisti milanesi è ancora realtà.