Campi: «La sfida della Meloni merita attenzione: in Italia non c’è mai stato un partito conservatore»

10 Mag 2022 10:29 - di Sveva Ferri
campi meloni

«Quella della Meloni è una sfida da seguire con attenzione, stante anche il declino oggettivo di Berlusconi e l’atteggiamento ondivago ormai tipico di Salvini. I delusi da questi ultimi sono quelli che hanno fatto volare Fratelli d’Italia nei sondaggi». Alessandro Campi analizza la situazione del centrodestra, partendo dalle diverse posizioni sulla guerra e finendo per concentrarsi sulla crescita di Giorgia Meloni e sul «percorso di rinnovamento» che l’ha portata a lanciare la sfida di un partito conservatore in un Paese che mai prima ne aveva avuto uno. «Certo, non è facile costruire un partito conservatore in un Paese dove non c’è mai stato nulla del genere», ammette Campi, in un’analisi da politologo che guarda con interesse a questi elementi di novità, senza risparmiare critiche.

La questione ucraina e «l’atteggiamento verso Putin»

Campi, per il quale il centrodestra italiano è «un grande blocco sociale, prima che un’alleanza tra partiti», in una lunga intervista a Libero, sottolinea che il punto centrale nella questione Ucraina declinata nel centrodestra «è l’atteggiamento che si tiene nei confronti di Putin». «Liberali o conservatori, ex-democristiani o post-missini, leghisti o forzisti, non si può che stare dalla parte della libertà. Cosa che gli elettori di centrodestra – sottolinea – mi sembra abbiano più chiara di alcuni loro referenti politici».

La necessità di «un chiarimento» immediato

Il tema della politica estera, per Campi, può rappresentare un «rischio» in caso di governo di centrodestra, «proprio per questo – spiega – un chiarimento andrebbe fatto già ora». Per il professore, infatti, si possono anche avere dubbi sull’invio delle armi in Ucraina, ma «l’importante è non mostrare un briciolo di simpatia ideologica verso Putin e il suo modello politico». «Un conto – chiarisce Campi – è l’atlantismo critico, l’europeismo problematico, che è un po’ la linea della Meloni, un conto è simpatizzare per un autocrate, senza nemmeno avere il coraggio di dirlo e nascondendosi dietro il Papa o una realpolitik all’acqua di rose, che è la linea che sembra aver adottato Salvini».

Il percorso intrapreso con la Conferenza programmatica

È a questo punto che l’intervista si concentra più direttamente su FdI e sulla sfida politica lanciata da Meloni con la Conferenza programmatica di Milano, nella quale Fausto Carioti, che firma l’intervista, vede la volontà del partito di parlare alla classe dirigente settentrionale. «La Meloni ha fatto un primo passo, affacciandosi col suo partito nel Nord produttivo. Ma – dice Campi – ora c’è da costruire due cose: una proposta politico-economica convincente, cosa non facile per un partito statalista abituato a parlare alle corporazioni e al ministerialismo romano, e una rete di rapporti solidi con ambienti con i quali Fratelli d’Italia non ha mai avuto una grande interlocuzione».

Campi: «Meloni è coerente, volitiva e sa scegliere»

Meloni, per Campi, ha molte carte in regola per riuscirci: «Una indubbia coerenza nei comportamenti, il fatto di essere una donna volitiva, la capacità di saper scegliere nei tornanti decisivi, come si è visto con la guerra». Secondo il politologo, però, questo «non basta». E torna l’argomento molto usato dell’assenza di una classe dirigente adeguata. «Il personale politico del suo partito ancora non le consente di aspirare al governo del Paese: perché giovane, dunque ancora privo di esperienza, e perché psicologicamente troppo chiuso, a causa della sua formazione tutta interna alla militanza nei ranghi della destra nazionale», sostiene Campi, per il quale evidentemente non è poi così determinante il cursus honorum tipico dei dirigenti di FdI, formatisi nella militanza e cresciuti nelle amministrazioni e nei governi locali, oltre che nelle professioni, prima di approdare al livello nazionale.

«Una sfida da seguire con attenzione»

«Ciò detto – precisa poi però il professore – quella della Meloni è una sfida da seguire con attenzione». «Il percorso di rinnovamento della Meloni è iniziato con la sua nomina a capo dei conservatori europei nel 2020. Quella milanese è stata una nuova tappa di questo cammino», prosegue Campi per il quale ospiti della kermesse di FdI come Ricolfi, Pera, Nordio, Tremonti sono «una sorta di “usato sicuro”: sono più prestigiosi interlocutori esterni, nessuno dei quali peraltro qualificabile come “conservatore”, che non membri di un futuro governo a sua guida».

I temi per costruire «un ambizioso programma politico»

Per Campi la costruzione di un partito conservatore in Italia «non è facile», ma «nazione, famiglia, lavoro sono temi sui quali si può costruire un ambizioso programma politico». L’importante, aggiunge, è non fermarsi agli slogan. Quanto alla “pregiudiziale antifascista” tanto cara agli avversari di FdI, per Campi, Meloni dovrebbe «sciogliere ogni possibile equivoco rispetto al passato» con un «chiarimento definitivo», che dovrebbe prevedere anche l’eliminazione della fiamma dal logo del partito e il veto alla candidatura di chi si chiama Mussolini. E, anche qui, si sente l’eco di una vulgata pregiudiziale, come quella che ha gridato allo scandalo per i risultati elettori di Rachele Mussolini a Roma, concentrandosi tutta sul nome e facendo torto all’impegno per la città della donna e consigliera comunale uscente.

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