Conte ancora all’attacco di Draghi: «Basta armi. Sulla guerra non ha mandato politico»
«Noi non possiamo pensare che il governo vada avanti da sé, decidendo di volta in volta cosa fare e come posizionarsi, perché non ha il mandato politico». Giuseppe Conte continua ad andare all’attacco di Mario Draghi sul tema dell’invio delle armi in Ucraina con toni che di fatto delegittimano l’azione del governo. E, con Matteo Salvini a sua volta contrario a nuove forniture ed Enrico Letta che ora tentenna su un nuovo voto sulla questione, la prospettiva che l’esecutivo non possa reggere oltre l’autunno si fa più concreta.
Il no all’invio di armi e la richiesta di un nuovo voto
«Un passaggio con un voto, con un atto di indirizzo in Parlamento è un elemento di chiarificazione anche per le forze politiche», ha detto ieri sera a PiazzaPulita Conte, secondo il quale le prospettive future «vanno aggiornate continuamente, dopo due mesi gli scenari stanno cambiando». «Voi stessi giornalisti dire che le ultime dichiarazioni di Draghi sono diverse da quella passate… Ecco tutto questo va chiarito in Parlamento. Vogliamo ascoltare e dire la nostra», ha detto ancora il leader M5S, invocando una «riflessione» e una «discussione» dopo il terzo decreto di invio di armi.
Conte: «Draghi non ha mandato per la guerra»
Il no a un nuovo invio resta fermo: «Io credo che l’Italia abbia dato il suo contributo. L’Italia ha già dato e ora deve essere in prima linea per la pace». Conte si appella al fatto che «il tema è che stiamo vivendo uno scenario di emergenza assolutamente imprevisto: questo governo era per l’emergenza pandemica e il Pnrr ha avuto un mandato anche da noi su queste cose». «Affrontare una guerra in Ucraina – ha sottolineato – non era nell’ordine delle cose». Per questo, per Conte, sulla questione serve un chiaro mandato politico, un nuovo voto dopo quello iniziale che ha aperto all’invio di armi. «Dopo due mesi e mezzo, lo chiedo a voi da cittadini, è giusto o no che ci sia un aggiornamento?», ha quindi chiesto Conte, insistendo sulla necessità di una conta politica, perché questo diventerebbe il voto sull’invio di armi, che oggi non è in calendario.
Letta sul voto: «Se deve esserci, ci sia»
La questione se il governo abbia o meno il mandato politico sulla guerra in Ucraina e su come eventualmente dovrebbe ottenerlo è stata sottoposta poi a Letta, a sua volta ospite di Formigli. «Francamente non lo so e non lo deve chiedere a me», ha risposto il segretario Pd. «Noi pensiamo che ci sia stato un voto in Parlamento all’inizio di un percorso chiaro e netto che ha trovato un consenso largo», ha aggiunto, aprendo però al fatto che «poi se c’è bisogno di aggiornare si aggiorna, se deve esserci un voto si voti, noi non abbiamo nessuna paura».
Le fibrillazioni tra Conte e Draghi impensieriscono FI
Epperò una certa inquietudine nella maggioranza c’è eccome. «E se la smettessimo di farci del male?», si è chiesto il ministro Renato Brunetta, intervistato da La Stampa, in risposta a una domanda su un eventuale crisi di governo con voto in autunno. Secondo Brunetta, «non conviene: votare in autunno aprirebbe uno scenario distopico». «Ragionare di voto nel pieno di una crisi geopolitica e di una guerra che ci riporta al tempo del conflitto tra democrazie e regimi, mi pare un po’ immaturo», ha aggiunto l’esponente azzurro, che ha difeso a spada tratta «la leadership di Draghi in politica estera». «È il miglior interprete dei valori euro-atlantici e il miglior garante degli interessi europei, e dunque italiani. Farne a meno, in un momento in cui sta ridefinendo il paradigma degli assetti geopolitici globali – ha sostenuto Brunetta – sarebbe un’azione di masochismo, l’innesco di un nuovo ciclo di instabilità».