Draghi in Veneto: “Da Putin ho trovato un muro”. E chiede ai ragazzi un applauso per la moglie
La prima visita di Mario Draghi in Veneto comincia con «un saluto ed un abbraccio grande» ai suoi abitanti. «In fondo – rompe il ghiaccio il premier – anch’io sono mezzo veneto»…Così il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha salutato i giornalisti al suo arrivo alla scuola media Dante Alighieri di Sommacampagna (Verona), che ospita la prima missione istituzionale in regione da presidente del Consiglio. E dove, ad accoglierlo, ha trovato la classe 2D, che nelle scorse settimane aveva inviato una serie di lettere a palazzo Chigi a lui indirizzate, raccontando la propria storia in questi anni della pandemia e chiedendo spiegazioni sulla guerra. Dunque studenti, giornalisti, e naturalmente la dirigente scolastica Emanuela Antolini. Il sindaco Fabrizio Bertolaso. Insieme al presidente del Veneto Luca Zaia e altre autorità locali.
Draghi in Veneto a parlare di pace mondiale e realtà italiana
Non solo l’incontro coi i ragazzi a scuola. L’agenda del premier prevede per questa trasferta istituzionale in Veneto anche la visita all’Ossario di Custoza per rendere omaggio ai Caduti e deporre una corona di alloro al Mausoleo. E, come ultima tappa, un passaggio all’azienda Masi Agricola, a Sant’Ambrogio di Valpolicella. Dove è previsto che Draghi si intrattenga sulla realtà produttiva aziendale (con soste al fruttaio. Nella cantina sperimentale e nelle cantine storiche). Al centro di incontri e colloqui, naturalmente, l’Italia coinvolta nel conflitto russo-ucraino, sia dal punto di vista bellico. Che finanziario. Che di aiuti umanitari e sanitari.
Un Italia alla ricerca di una pace possibile
«Un’Italia – ha sottolineato il premier – «in guerra anche in un altro modo. Perché ci sono tanti, tanti rifugiati ucraini… Gran parte di loro sono donne e bambini. E molti minori sono soli, non accompagnati. E di fronte a questa ondata di persone che scappano dalle bombe – ha proseguito Draghi –. Con le loro case e vite distrutte, l’Italia. Le famiglie italiane, sono state straordinarie. Hanno aperto le porte delle loro case per accogliere i rifugiati. E l’altra cosa straordinaria è che bambini e ragazzi sono tutti a scuola. Questo è un capolavoro di amore e di efficienza». Un Italia, quella che il premier descrive, alla ricerca di una pace possibile.
Draghi: «Ho chiesto a Putin la pace, ma ho trovato un muro»
Così, ai ragazzi Draghi racconta: «A Putin ho detto: la chiamo per parlare di pace. Lui mi ha risposto: non è il momento. La chiamo perché vorrei un cessate il fuoco. Ma lui ha detto ancora: non è il momento». E ancora: Forse i problemi li potete risolvere voi due, perché non vi parlate con Zelensky?. E, ancora una volta, ha replicato: non è il momento». Quindi, il premier ha chiuso il resoconto sui sui confronti con i leader internazionali e gli appelli alla pace, aggiungendo: «Ho avuto più fortuna a Washington parlando con il Presidente Biden. Gli ho detto che forse solo da lui Putin vuol sentire una parola. Pertanto gli ho suggerito di telefonare a Putin. Il consiglio ha avuto più fortuna. Perché il giorno dopo non lui, ma il ministro della difesa americano e quello russo, si sono sentiti»…
«C’è differenza tra chi è attaccato e chi attacca»
Una responsabilità, quella della ricerca della pace, di cui Draghi dichiara di sentire il peso. Perché «noi italiani – ha proseguito il presidente del consiglio nel Veronese – viviamo questa guerra di riflesso. Da lontano. E mi chiedo cosa si può fare oltre che aiutare l’amico. E mi dico che quello che si deve fare é cercare la pace. Fare in modo che i due smettano di sparare e comincino a parlare». Pur sapendo che «chi attacca ha sempre torto», ha sottolineato Draghi. Che poi ha continuato dicendo: «C’è differenza tra chi è attaccato e chi attacca, bisogna tenerlo bene in mente. Come quando uno per strada è grosso grosso e dà uno schiaffone a uno piccolo. Quello che è successo è che il piccolino adesso è più grande e si “ripara” dagli schiaffi. Prima di tutto perché è stato aiutato dagli amici. Ma anche perché combatte. E si difende per un motivo: la libertà».
Draghi agli studenti: spero l’anno prossimo sia senza mascherine in classe
E parlando di speranza nel futuro e di libertà da paure. Vincoli e restrizioni, nella scuola di Sommacampagna Draghi ha rivolto un augurio anche agli studenti. «Guardate con ottimismo al futuro. Perché voi diventiate protagonisti del futuro. È una partita da vincere. Sennò, perché giocare? Siate contenti di starci nel futuro e, mi raccomando, niente ansia!». Corredando esortazioni e propositi con un auspicio promettente: «Spero che l’anno prossimo non ci sia più bisogno di mascherine in classe. E che la pandemia non ritorni. So quanto avete sofferto, alla vostra età è importante stare insieme». E gli studenti in sala ringraziano. E ricambiano.
Tributo, con dedica, alla moglie Serena
Con dei disegni realizzati per il premier. E con una rosa donata alla moglie Serena, una protagonista irrinunciabile del pantheon di Mario Draghi. Una presenza, la sua, a cui il premier riconosce di dovere «gran parte di quel che ho fatto negli ultimi 40-5o anni». Tanto che, nel finale di visita che vira sul personale, il presidente del consiglio ammette: Ogni tanto mi viene in mente la quantità di fesserie che avrei fatto se non ci fosse stata lei. E anche alla capacità di capire il momento psicologico – ne ho attraversati tanti nella mia vita. E poi la famiglia che si è creata, i figli, i nipoti della vostra età. È tutta una storia bella che si centra su di lei. Quindi, un applauso anche per lei»…