Ferrari e paradisi fiscali: l’ex presidente della Camera Irene Pivetti rischia il processo per evasione fiscale
Il pm di Milano Giovanni Tarzia ha chiesto il rinvio a giudizio per Irene Pivetti e altre cinque persone coinvolte in un’inchiesta su una presunta evasione fiscale. La richiesta, dopo la chiusura indagine dello scorso aprile, sarà ora valutata da un giudice. “In oltre 7 ore di interrogatorio la mia assistita Pivetti ha spiegato e ricostruito correttamente i fatti che le contestano, ovviamente dopo una vicenda del genere ci si aspettava la richiesta della procura che discuteremo finalmente davanti al gup” commenta all’Adnkronos il difensore Filippo Cocco.
Irene Pivetti, il pm chiede il rinvio a giudizio: rischia il processo
L’indagine vede al centro una serie di operazioni commerciali, in particolare, la compravendita di tre Ferrari Gran Turismo, che sarebbero servite per nascondere un’evasione fiscale. Irene Pivetti, in qualità di legale rappresentante di una società con sede in Polonia e di un’altra a Hong Kong, deve rispondere di autoriciclaggio ed evasione fiscale. Nell’atto di chiusura non compare il nome del suo consulente Pier Domenico Peirone, la cui posizione risulta stralciata. La richiesta di processo riguarda, invece, oltre la Pivetti, il pilota di rally Leonardo Isolani, la moglie Manuela Mascoli, la figlia di lei Giorgia Giovannelli, il notaio Francesco Maria Trapani e l’imprenditore Candido Giuseppe Mancaniello.
La presunta evasione fiscale per 5 milioni di euro
A Irene Pivetti viene contestato, insieme agli altri indagati, di avere aiutato a evadere imposte per oltre 5 milioni di euro, pari al debito fiscale che aveva Isolani. L’ex presidente della Camera sarebbe stata consapevole “delle difficoltà finanziarie di Isolani” e l’avrebbe aiutato “a sottrarre i beni”, come le tre Ferrari, dalle procedure di riscossione dell’erario. E avrebbe usato “mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e indurre in errore l’amministrazione finanziaria”. La stessa Pivetti avrebbe evaso tasse per circa 3,5 milioni, poi rimpiegati in attività imprenditoriali e finanziarie che le costano l’accusa di autoriciclaggio. Si attende intanto l’udienza in Cassazione (non ancora fissata) per il ricorso presentato dal legale di Pivetti contro il sequestro disposto dalla procura.