Frassica: “La Dc andava nei paesi con pacchi-dono per comprare consensi. Allora io mi inventai…”
Nino Frassica una lunga intervista al Corriere della Sera ricostruisce la sua carriera, i suoi incontri chiave, i suoi successi. Dialogando e conversando dipinge anche un significativo spaccato di vita reale che si colloca proprio agli inizi in cui sperimentava la sua vis comica. «La mia carriera ha preso il via come “scherzista” nel bar Suaria del mio quartiere: lo scherzo, di per sé, è già una forma di teatro». E racconta un episodio emblematico di un certo modo di fare politica.
Frassica: “Quando la Dc organizzava camion con i regali per compare consensi”
«Negli anni della propaganda in cui la Dc cercava voti, organizzava camion pieni di pacchi regalo che distribuiva nei paesi. Un modo sfacciato per comprare i consensi degli elettori. Una volta, forse a Natale o a Pasqua, mi invento di fare una locandina, che appesi nella piazza della chiesa: dove si annunciava che la domenica bisognava presentarsi alle 9 del mattino, portando la carta d’identità. Sarebbe arrivato il camion con i regali da distribuire alla popolazione. I paesani si presentano puntuali, col documento in tasca, aspettando la “provvidenza”; convinti di ricevere i pacchi… e invece c’ero io che, con i miei amici, ridevo a crepapelle». Lo scherzo sarà uno dei fili conduttore del suo modo di fare spettacolo. Che sia stato l’assistenzialismo scudocrociato a fornirgli uno dei primi imput cpmici è una “chicca” singolare.
Frassica: “quando Frassica mi disse: “Sembri un napoletano”
Frassica ricorda poi “l’amore a prima vista” con Renzo Arbore. E il contenuto della famosa telefonata che gli fece, grazie alla quale entrò nella sua squadra. «Premetto che, quando ho iniziato, la tv era in bianco e nero- si giustifica -: non esistevano i social e come era possibile farsi conoscere? Citofonando ai produttori, ai registi, agli attori famosi o… mandando messaggi dentro le bottiglie di vetro? Io ero cresciuto a pane e Alto gradimento – ricorda – : la mia scuola, la mia luce, ne ero un ammiratore sfegatato. L’idea di chiamare Arbore, il numero lo avevo trovato semplicemente sull’elenco telefonico, mi era venuta leggendo che Andy Luotto gli aveva telefonato. E lo showman- leggiamo nell’intervista rilasciata a Emilia Costantini -dopo averlo ascoltato, lo aveva convocato e poi scritturato. All’epoca non esistevano i cellulari e non ci fu una vera e propria telefonata, mi limitavo a lasciargli vari messaggi sulla segreteria del telefono di casa. Per esempio, gli dicevo: sono un mio ammiratore, e questa è la mia segreteria telefonica… conto fino a tre, al tre stacco… Oppure: sono un comico dilettante e non cerco lavoro…”.
“Quando cercavo lavoro non sono andato da Pippo Baudo”
Come andò a finire? Che Arbore si incuriosì e lo richiamò: “se ti trovi a passare da Roma, vieni a trovarmi. Io vivevo a Messina e, guarda caso, il giorno dopo mi capita di passare per Roma. Mi guarda ed esclama: sembri un napoletano… non ho mai capito il perché della sua affermazione, ma era un complimento, i napoletani sono simpatici. Di sicuro, Renzo era colui che poteva capirmi meglio». Ricorda come molti suoi colleghi siciliani si rivolgessero a Pippo Baudo per cercare di lavorare, ma lui non lo fece: «Quando cercavo lavoro, non sono andato da Pippo Baudo, come facevano i siciliani cercando una complicità regionale e chiedendogli un aiuto… La mia era una comicità diversa, simile a quella degli attori di cui si serviva Arbore e con lui, Gianni Boncompagni:Mario Marenco, Bracardi, iniziai alla radio, nel programma Radio anghe noi , poi in tv: Quelli della notte e Indietro tutta! ».
sempre votato la fiamma, però ricordo che i comunisti andavano nelle case con il giornale l’unità mangiavano a sbafo e, prima di uscire si facevano pagare il giornale. almeno la DC dava tutto gratis. ma si sa da sempre: compagno tu lavori io magno.