Il globalista Financial Times incensa Draghi: ha messo fine alla lunga amicizia Italia-Russia
Il Financial Times, considerata la Bibbia dei banchieri della City e l’ufficio stampa dei potentati economici mondiali, annota, con malcelata soddisfazione, che la “condanna italiana della guerra lanciata dalla Russia all’Ucraina mette fine all’amicizia di lungo corso tra Mosca e Roma”.
”Il nuovo e duro approccio dell’Italia” imposto da Draghi rispetto alla Russia “segna – sottolinea il Financial Times – uno dei più grandi cambiamenti di politica estera in Europa da anni”.
Il giornale economico britannico che, con la sua linea editoriale ha tirato la volata con un aperto, indiscusso e ampio sostegno elettorale, alle campagne di Barack Obama nel 2008 e nel 2012, di Hillary Clinton nel 2016 e di Joe Biden nel 2020, ricorda come l’anno dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014, l’ex-primo ministro italiano Silvio Berlusconi si era recato nella penisola per incontrare Vladimir Putin.
E in quell’occasione i due leader avevano bevuto una bottiglia di vino di 240 anni prelevata da un’azienda vinicola della Crimea considerata da Kiev come una risorsa nazionale ucraina.
In Italia, ricorda ancora maliziosamente il Financial Times, Berlusconi aveva approvato l’annessione, criticato le sanzioni dell’Ue contro Mosca ed elogiato la leadership del presidente russo.
L’Italia non ha però mostrato, annota Ft, lo stesso atteggiamento verso il Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio.
Sotto il premier Mario Draghi, l’Italia ha adottato una linea dura contro la Russia e, sottolineano i giornalisti del Financial Times, le aziende italiane tacciono sulle sanzioni. Un passaggio, questo, molto scaltro perché sul ricco mercato russo le concorrenti aziende britanniche giocano le proprie carte.
Pesando i più grandi cambiamenti di politica estera in Europa negli ultimi anni, gli analisti paragonano il nuovo approccio duro dell’Italia alla recente revisione della strategia di difesa della Germania.
“Quella morbidezza sulla Russia che rendeva l’Italia strana, lontana dal mainstream europeo, è scomparsa”, ha detto a Financial Times, Stefano Stefanini, ex-ambasciatore italiano alla Nato.
”C’è un deciso cambiamento nel modo in cui la politica estera italiana guarda alla Russia adesso e il merito è di Draghi”, ha aggiunto.
Il Financial Times ricorda che dal 24 febbraio Draghi ha descritto l’invasione russa come un attacco alla sicurezza europea, elogiato il coraggio e la resistenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e ha contribuito a fissare severe sanzioni contro la Banca centrale russa.
”Inoltre le autorità italiane hanno sequestrato superyacht e ville sulla spiaggia per un valore di oltre 1 miliardo di euro da oligarchi russi. Draghi – ricorda il giornale finanziario – ha anche avvertito gli italiani di prepararsi ai sacrifici e l’Italia si è impegnata a non opporsi all’embargo energetico russo se il resto dell’Ue è d’accordo”.
Il giornale sottolinea poi che ”i talk show televisivi italiani danno ancora molto spazio ai simpatizzanti di Mosca” e cita ad esempio l’intervista al ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov di ieri sera su Rete 4. Giornalisticamente un colpaccio che certo il Financial Times non avrebbe disdegnato di portare a segno.
Allo stesso tempo Ft cita un recente sondaggio dell’Istituto di studi politici internazionali – think tank filo governativo guidato dall’ex-Direttore dei Servizi segreti italiani – che ha rilevato che quasi il 61% degli italiani incolpa Putin per la guerra, mentre il 17% la Nato.
Ma un recente sondaggio dell’Istituto Piepoli ha scoperto che ben il 94 per cento degli italiani è contrario all’invio di armi e che quasi il 90 per cento della popolazione è preoccupata dal punto di vista delle ripercussioni economiche del conflitto.
Il Financial Times scrive che anche Matteo Salvini, ”leader della Lega populista italiana e ammiratore di lunga data di Putin, ha preso le distanze dal leader russo e ha deposto fiori fuori dall’ambasciata ucraina di Roma”.
Il giornale scrive che ”i legami dell’Italia con la Russia risalgono alla guerra fredda, quando le imprese italiane, guidate dalla società energetica statale Eni e dalla casa automobilistica Fiat, si stabilirono in Unione Sovietica. In quanto sede del più grande partito comunista dell’Europa occidentale, l’Italia si considerava un ponte tra Mosca e il resto dell’Occidente”.
Inoltre ”le relazioni si sono approfondite dopo il crollo dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni ’90 quando più imprese italiane, comprese le principali banche, sono entrate nel mercato e nuovi imprenditori russi hanno investito nell’Italia”.
Torna di nuovo la figura di Berlusconi premier che ”ha sostenuto un Consiglio Nato-Russia per ridurre gli attriti con Mosca sull’espansione dell’alleanza occidentale nelle nazioni dell’ex-blocco sovietico”.
Inoltre ”Mosca ha stretto legami con i due maggiori partiti populisti italiani, la Lega di Salvini e il Movimento Cinque Stelle”, scrive il Ft.
Su come cambieranno le relazioni tra Russia e Italia una volta scaduto il mandato di Draghi dipenderà da “come le sanzioni influiranno sull’economia italiana” secondo Giovanna De Maio, visiting fellow presso l’Institute for European, Russian and Eurasian Studies della George Washington University, considerata l’accademia diplomatica statunitense per eccellenza nella quale la Cia forma i suoi agenti.
“Se la guerra continua, sarà difficile per chi è al potere mantenere una linea molto rigida“, ha aggiunto.
In ogni caso la maggior parte degli analisti ritiene che l’invasione abbia danneggiato in modo irreversibile la fiducia delle imprese italiane in Russia, il che innescherà un brusco rallentamento dei rapporti commerciali. Con grande soddisfazione dei competitor stranieri, primi tra tutti gli imprenditori britannici a cui il Financial Times spiana la futura strada da percorrere. Perché, come dicevano gli antichi, pecunia non olet.
Molti si illudono, o fingono quando dicono che la reazione unita dell’Europa pone le basi di un esercito comune. Quest’obiettivo è già fallito settanta anni fa ed è improbabile con gli attuali omni politici indecisi e remissivi! L’Europa non dipenderà dall’America soltanto per la NATO, ma anche per le forniture energetiche e di alimenti o.g.m.
Draghi ha sbagliato a inviare armi all’Ucraina, doveva impegnarsi di più per la pace che per la guerra, visto che il mandato è a termine doveva comportarsi in maniera diversa, non applicare le sanzioni alla Russia o in minima parte
Trovo mostruoso l’articolo del FT: potenti lobby hanno dichiarato guerra alla Russia, vogliono che la combattiamo noi, che ne paghiamo noi le conseguenze – non solo fame, freddo e miseria, ma anche il suicidio dell’Europa – e trattano da traditore chiunque non sia giullare o trombone della loro forsennata brama di ulteriore potenza e sempre più sterminata ricchezza, proprio mentre in America come in Europa le classi medie sono già entrate nella povertà. Avevamo già visto questa ferocia contro l’Irak e la Libia: ora che sono state “liberate”, al prezzo di centinaia di migliaia di vittime, ivi la gente sta meglio?
Meglio che il FT si occupi di economia e non disserti su questioni inspirate da visioni politiche distorte.