La cena di Salvini con Razov fa traballare il governo. Letta: «Non finisca a tarallucci e vino»
“Indovina chi viene a cena?“. No, non è il remake della storia d’amore tra una lei bianca e un lui nero nella San Francisco degli anni ’60, bensì di un incontro a tavola tra Matteo Salvini, l’ambasciatore russo in Italia Razov e l’ex-deputato forzista Antonio Capuano nella sua nuova veste di consigliere diplomatico. Tutto nella norma se non fosse che – come rivela il Domani – la cena a tre sarebbe avvenuta lo scorso 1 marzo, cioè ad una settimana dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Un dettaglio che ribalta la prospettiva: a quell’epoca, infatti, l’Italia ha già condannato l’aggressione finendo nella black list del Cremlino. Prudenza avrebbe quindi dovuto consigliare al leader leghista di concordare (quantomeno di informare) il premier Mario Draghi e/o il ministro Di Maio. Fonti di Palazzo Chigi hanno invece smentito di aver ricevuto la sia pur minima informativa.
Con Salvini c’era anche Capuano
Tuttavia, una traccia dell’incontro c’è e a fornirla, il 3 marzo, è stato lo stesso Salvini quando rende noto di aver «chiesto all’ambasciatore russo di chiedere al suo governo il cessate il fuoco». Che l’incontro vi sia stato è circostanza confermata allo stesso Domani alla portavoce dell’ambasciata russa Valentina Sokolova. «È il nostro lavoro accogliere le persone, anche politici come Salvini, che fa parte della maggioranza di governo», ha spiegato. Quanto al resto è top secret: «Non possiamo dire cosa è stato detto». E così tra scoop, mezze ammissioni e voci tuttora circolanti su una possibile missione del capo del Carroccio in Russia, s’intensificano le voci circa una presunta diplomazia parallela messa in piedi dallo stesso Salvini per accreditare in Italia le ragioni di Putin.
Il sospetto di una diplomazia parallela
Vero o falso, importa poco. Soprattutto al Pd. «Noi chiediamo delle risposte, questa vicenda non può chiudersi così. Non è una vicenda che può terminare a tarallucci e vino», ha infatti avvertito Enrico Letta. E la risposta arriva, via Twitter, ma è assai improbabile che piaccia al segretario dem: «Noi da settimane lavoriamo per la pace, dialogando con tutti per arrivare ad un cessate il fuoco, mentre il Pd parla solo di armi e guerra. Più chiaro di così…». Una pezza, alla fine, la mette Gianfranco Rotondi. «Non sparo su Salvini – premette il presidente di Verde è popolare – perché mi sembra che sia mosso da intenzioni nobili. È il metodo che è sbagliato, perché rinnova la leggenda di suoi rapporti diretti con la Russia. Detto questo – conclude -, la scelta del centrodestra deve essere l’Occidente, senza se e senza ma».