Peste suina, Bassetti: “Sì al lockdown per gli animali”. Veterinari: “Ma la quarantena già esiste”
Allarme peste suina. “Ilaria Capua, da grande esperta di infezioni anche del mondo animale, ha detto una cosa corretta. Se la peste suina arriva negli allevamenti è evidente che bisogna fermarla”. Parola di Matteo Bassetti per il quale qualcosa nella catena di controllo non ha funzionato, se dal Piemonte è passata in Liguria e oggi è nel Lazio. “Di fronte a un virus che scappa ci vogliono misure drastiche. Come le abbiamo avute per gli essere umani. Io credo – conclude l’infettivologo genovese – che il lockdown dei maiali o una quarantena potrebbe essere uno strumento”. Su questo terreno però, ha avvertito Bassetti, “è importante che ci sia un atteggiamento univoco. Se in Italia facciamo il lockdown degli allevamenti poi non possiamo permettere che ci sia una importazione ‘leggera’ di altre bestie. Perché questo vorrebbe dire aprire un altro fronte“.
Peste suina, Bassetti e Pregliasco: sì al lockdown
“Per il contrasto della peste suina e tamponarne la diffusione, ritengo fondamentale un lockdown. Così come fu per il covid. In questo caso degli animali, nei contesti a rischio. E credo siano importanti anche interventi come quelli che sono stati predisposti, seppure pesanti, come il blocco del fieno dai territori in zona rossa, per scongiurare il pericolo che alcuni prodotti possano diventare un veicolo indiretto dell’infezione”. Così il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’università Statale di Milano.
I veterinari: il confinamento negli allevamenti già c’è
Scettici i veterinari. “Il termine lockdown richiama l’attenzione. Ma nel caso della peste suina in Italia è usato a sproposito. Perché gli allevamenti dei suini sono già allertati rispetto ai rischi del virus,. Ogni azienda ha alzato il livello di biosicurezza con misure di controllo. Che impediscono l’entrata del virus in un allevamento zootecnico”. Così Aldo Grasselli, presidente onorario della Società italiana di Medicina veterinaria preventiva. “Diciamo che oggi nelle zone dove è stato registrato un focolaio, di fatto ogni allevamento è un”isola’. Che non deve essere invasa da nessun tipo di fattore di rischio”. “Al momento – continua Grasselli – la situazione è sotto controllo. Dove sappiamo esistere i focolai e dove sono stati trovati animali selvatici positivi. Ma non abbiamo certezza che su tutto l’Appennino, dalla Liguria fino alle Marche, questo virus non possa scendere a valle. E arrivare negli allevamenti suini della pianura. Ecco che è fondamentale una sorveglianza epidemiologica. Il monitoraggio dei cinghiali intercettati o trovati morti. Ci auguriamo che i focolai siano legati all’introduzione dall’estero. O per commerci fraudolenti o più verosimilmente per abitudini alimentari soprattutto legati all’Est Europa. Di salumi non a norma. Buttati nei cassonetti dei rifiuti e poi intercettati dai cinghiali”