Uccisa a Mariupol la prima soldatessa russa: voleva vendicare il marito “separatista” morto nel Donbass
La prima soldatessa russa, impegnata sul fronte di guerra, è caduta nella battaglia di Mariupol sotto i colpi degli ucraini. Si tratta di Valentina Galatova, 27 anni, medico dell’esercito, il cui decesso – avvenuto un mese fa – è stato confermato solo in queste ore in un attacco a colpi di mortaio durante l’assedio di Mariupol, ma il suo decesso è stato confermato da Mosca soltanto adesso. La soldatessa è stata uccisa il 14 aprile scorso dai colpi di mortaio “mentre svolgeva una missione di combattimento”, come raccontato dai media russi della sua città natale di Voronezh, che hanno riportato la notizia della morte. Il figlio, adesso orfano, vive con la nonna.
La s0ldatessa russa voleva vendicare l’uccisione del marito “separatista”
Valentina Galatova era nata in Siberia nel 1994 e si era trasferita a Voronezh, a poco più di 100 miglia dal confine ucraino, quando era giovane: aveva studiato psicologia a Donetsk, la regione separatista del Donbass, nell’est dell’Ucraina, laureandosi lo scorso gennaio.
Lì, dopo l’insurrezione degli indipendentisti sostenuti da Vladimir Putin, si era trasferita nel 2014 con suo marito, che si era arruolato nell’esercito della Repubblica Popolare di Doneck, era stato ucciso nei combattimenti con le forze di Kiev lo scorso anno e la donna, dopo l’invasione russa di febbraio, aveva deciso di unirsi a sua volta alle forze separatiste iniziando a prestare servizio come medico in prima linea.
Sono stimate nell’ordine di quarantamila unità le donne soldato che prestano servizio nell’esercito russo, poco più del 4% della forza, con 4mila ufficiali donne e 44 colonnelli. Lo squilibrio di genere può essere attribuito in parte a norme che esentano le donne dal servizio nazionale. In Ucraina le donne costituiscono il 15% dell’esercito e possono avere ruoli di combattimento.