5S, nessuna espulsione per Di Maio. Conte spera che vada via da solo (tanto il conto lo salda Letta)
Il Consiglio nazionale non lo ha espulso, ma Luigi Di Maio è di fatto già fuori dal M5S. Almeno con la testa, e almeno a dar retta a Repubblica, che già disegna le future traiettorie politiche del ministro degli Esteri. Supposizioni, sia chiaro, dove per altro è difficile distinguere la realtà dai desideri del giornale-partito di Largo Fochetti. Giuseppe Conte e i suoi non hanno messo alla porta Di Maio per una serie di motivi. Il primo dei quali è perché non è semplice: lo Statuto prevede che un eletto venga segnalato ai probiviri, dove però due su tre sono ministri in carica. Immaginare che due rappresentanti del governo in carica possano espellere il proprio capodelegazione senza scatenarne la crisi è una pia illusione.
Di Maio già con la testa fuori dal MoVimento
La seconda è che non conviene politicamente, ragione per cui meglio sarebbe creare le condizioni perché Giggino tolga il disturbo da solo. In questo caso, è già pronto a scattare l’interrogativo del nuovo scenario: quanti lo seguirebbero? Non molti, fanno sapere dall’inner circle di Conte. «Tra i 30 e i 40», assicurano invece fonti più vicine al responsabile della Farnesina. Fossero anche di più, tuttavia, per Giuseppi non sarebbe un problema. I parlamentari oggi sono solo bocche da sfamare. Con i sondaggi tra il 10 e il 12 per cento e la riduzione dei seggi, un loro esodo sarebbe persino incentivato.
Ma il conto del divorzio è a carico del “campo largo”
Il problema è semmai di Enrico Letta, costretto da un’eventuale scissione del MoVimento a rivedere tutti i suoi piani sul campo largo. Un dilemma non da poco. Perché se è vero che Di Maio si è reso compatibile con i vari Calenda e Renzi, è altrettanto vero (lo dice Alessandra Ghisleri) che quel 10-12 per cento è appannaggio esclusivo del simbolo grillino, cioè di Conte. In poche parole, in caso di separazione, il Pd si caricherebbe un Di Maio presentabilissimo ma senza dote, esponendosi per altro al rischio della concorrenza sui cespugli alla sua sinistra da parte di un Conte sempre più radicalizzato. Insomma, tutto lascia pensare che il conto del divorzio tra Conte e Di Maio lo salderà Letta.