Calenda si mette in proprio: «A settembre nasce il terzo polo». Il suo ispiratore è lo sconfitto Macron
È il turno di Carlo Calenda. Ritenta lui laddove tanti in precedenza hanno fallito: realizzare un centro distinto e distante dai due poli lasciati in eredità dalla seconda Repubblica. «A Milano, a settembre – racconta al Foglio, che gli ha dedicato una paginata shakerando pubblico e privato – faremo la convention programmatica del nuovo polo». Nel frattempo, ha riempito le pareti della sede di Azione di foto di nomi illustri del passato, politici e non, da Winston Churchill ad Hanna Arendt, passando per Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. È il pantheon personale di Calenda, che – ma solo per divertissement – ha pure consegnato al giornale di Cerasa una personalissima lista di ministri del prossimo governo… Draghi. Avete letto bene: obiettivo del leader di Azione non è tanto arrivare a Palazzo Chigi quanto lasciarvi l’attuale premier.
Così Calenda al Foglio
La sua ammirazione per l’ex-banchiere sconfina nel fideismo. «Dovunque va, Draghi annichilisce predecessori e successori», azzarda evidenziando un principio di sconnessione dalla realtà. Già, Calenda parla e agisce come se fosse il 13 febbraio 2021, giorno, mese e anno Draghi giurò nelle mani di Mattarella. Da allora, però, di acqua sotto i ponti ne è scorsa tanta. Persino Confindustria ne ha dovuto prendere atto. Il suo leader Carlo Bonomi oggi si morderebbe la lingua pur di non omaggiare il premier come «uomo della necessità», versione laica di quell’«uomo della Provvidenza» tributato in altre epoche. E anche i sondaggi non vanno tanto bene: solo un italiano su tre – secondo i più recenti – gradirebbero un bis dell’attuale premier. Inevitabile, del resto, se persino lo spread è tornato ad impennarsi.
La volata a Draghi
Non avrebbe dovuto con Draghi in modalità scudo umano a Palazzo Chigi. Ma è accaduto, costringendo gli estimatori del premier, Calenda compreso, a cambiare versione: «Senza di lui chissà dove sarebbe schizzato». Sia come sia, gli italiani non credono più di aver in campo Maradona. E se davvero è Maradona, non capiscono perché gioca come un qualsiasi mediano. In ogni caso, ne sono delusi. Calenda, invece, sta ancora lì a magnificarlo come la Mano de Dios. Decisamente fuori sincrono. Non a caso, l’ispiratore del suo terzo polo è proprio quell’Emmanuel Macron uscito sconfitto appena ieri dal voto per il rinnovo dell’Assemblée Nationale, il parlamento francese. La sua En Marche! è ora stretta nella morsa dei vincenti: i goscisti di Jean-Luc Mélenchon e i sovranisti di Marine Le Pen. A conferma che non tutti i “centri” finiscono in gloria.