“Così non schwa”: il linguista smaschera i paradossi della dittatura linguistica

20 Giu 2022 19:55 - di Redazione
Schwa

Una recensione a firma Massimo Arcangeli sul Messaggero prende in esame un libro dal titolo “aureo”: Così non schwa. Limiti ed eccessi del linguaggio inclusivo (Einaudi).  Lo ha scritto Andrea De Benedetti, che non chiama in causa «l’inclusione, i diritti delle donne e delle persone transgender, la lotta al patriarcato, il progresso morale dell’umanità; bensì l’egemonia sui significanti; la pretesa di far combaciare il codice linguistico con quello etico;  l’idea che la lingua debba essere al servizio delle identità prima ancora che delle comunità». E’ un passo del libro citato da Arcangeli, lo studioso promotore di una  raccolta di firme «a difesa della lingua nostra». È comparsa su Change.org : dopo che il ministero dell’Istruzione ha usato la schwa (ə) in un documento ufficiale: una procedura concorsuale universitaria per l’abilitazione a professore universitario di Organizzazione aziendale. Troppo.

Il libro di Andrea De Benedetti

A firmare l’”atto di guerra” contro la schwa, la vocale indistina e impronunciabile ci sono vari uomini di cultura che non vogliono affogare nel ridicolo. Ci sono Alessandro Barbero, Flores d’Arcais, Massimo Cacciari, Massimo Arcangeli e Angelo D’Orsi, fra gli altri. L’uso del linguaggio piegato al politicamente corretto mina in concetto stesso di inclusività. Se ne accogliamo «fino in fondo le implicazioni etiche», scrive ancora De Benedetti, il «principio di lasciar sempre decidere l’altro come vuole essere chiamato (…) può talora entrare in collisione con l’esigenza di trovare un codice condiviso;  prestandosi ad applicazioni che magari non ci piacerebbero (…). Soprattutto dovremmo accettare il rischio di una proliferazione potenzialmente infinita di definizioni e magari anche di desinenze per una pletora altrettanto infinita di identità: perché chiunque, a quel punto, potrebbe a buon diritto rivendicare per sé uguale trattamento». Si legge in un altro passo.

Un libro che ci conforta. Un autore libero che infrange la cappa di conformismo che sull’argomento hanno imposto autori e scrittori di sinistra. Michela Murgia in testa .

Schwa: un libro rompe il muro del politicamente corretto

Un libro che spezza l’unanimismo e la deriva linguistica  “spacciata per anelito d’inclusività”. Scrive Arcangeli: “vorrebbero riformare l’italiano a suon di e rovesciate (lo schwa, per l’appunto) pretendendo di sottomettere l’idioma nazionale, patrimonio di un’intera collettività, a chi è intenzionato a scardinarle con la generalizzazione di inammissibili usi teratologici”. Il linguista Luca Serianni ha fatto notare che lo schwa, “pur pronunciabile (e realmente pronunciato, nei goffi tentativi di qualche improvvisato schwaista di sperimentarlo oralmente), avrebbe inoltre il solito punto debole: «vale solamente per lo scritto, non avendo un corrispettivo univoco nel parlato: e un idioma consiste innanzitutto in una lingua parlata».

Il falso intento inclusivo della schwa

A Massimo Arcangeli, studioso coraggioso tempo fa sono arrivati insulti e minacce per via delle sue nette prese di posizioni. I soliti “democratici” del web. “Alterare la lingua in nome di una minoranza non è una mera questione lessicale”, ha spiegato in molte interviste. Si tratta di “formule che investono le strutture profonde dell’italiano: un delirio che mina l’intero sistema linguistico”. Senza dimenticare il falso intento inclusivo dell’uso della schwa che rischia invece di escludere, per esempio, i dislessici: “Più si aumentano i segni, più si rende difficoltosa la lettura e la scrittura per queste categorie”.

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