“Draghi per il dopo Draghi”, riprendono le grandi manovre: lavorano in silenzio per il trappolone
Governo sempre più spaccato e c’è chi comunque pensa al “dopo Draghi“. Questo, nonostante il premier non riesca più a tenere insieme Guelfi e Ghibellini. Neanche la pausa dei lavori parlamentari per le elezioni comunali porta un attimo di pace a Palazzo Chigi. Non c’è solo il nodo delle armi all’Ucraina a tenere alta la tensione. Ora lo scontro è anche sul salario minimo. Da una parte ci sono Forza Italia e Lega, dall’altra M5S e Pd, che invece sono ai ferri corti su altri temi. Sembra quindi che la stagione di Draghi volga al termine, specie dopo le parole di Salvini e Letta che escludono a priori un governo di unità nazionale dopo il voto della prossima primavera. Ma c’è chi ancora coltiva un sogno: Draghi non sarà rottamato e succederà a se stesso.
Mario-bis per il “dopo Draghi”: promotori al lavoro
Lavorano in silenzio, i promotori del Mario-bis per il “dopo Draghi”. A partire da Clemente Mastella che si lascia sfuggire la sua strategia. «Se il centro si unifica», dice, «e sta sulle sue posizioni nessuna delle due coalizioni vince. Questo bipolarismo ormai è storto, sbilenco, non regge più e nessuno vince al Senato». In sostanza, bisogna impedire la vittoria di uno dei poli e favorire la riconferma di Draghi a Palazzo Chigi. Gli fa compagnia Matteo Renzi.
Calenda su Salvini e Letta
Le parole di Salvini e Letta sul “mai più larghe intese” non convincono Carlo Calenda. Il leader di Azione liquida con un categorico «sono tutte balle». E puntualizza: «Anche prima di questa legislatura dicevano che non si sarebbero alleati con quelli con cui poi si sono alleati. Sono tutte fesserie per militarizzare il proprio elettorato». Ma Calenda lo dice soprattutto perché il suo obiettivo è la creazione di un terzo polo funzionale ad avere Draghi nel dopo Draghi: «Non vedo altre soluzioni», dice.
Dopo Draghi, su chi può contare il premier
Il premier può poi contare sui “draghiani” che ci sono nei partiti della maggioranza, che potrebbero fare da spina nel fianco. Uno per tutti, Luigi Di Maio, che già ha lanciato avvertimenti a Conte: «Bisogna avere la massima compattezza durante le comunicazioni di Draghi alla Camera e al Senato». Ed è fin troppo chiaro che l’altolà è per Conte. Che già si trova alle corde per i continui attacchi che riceve da una parte cospicua dei Cinquestelle.
Conte è in pieno naufragio
Conte, dal canto suo, è in pieno naufragio. Come scrive Follini nel punto per l’Adnkronos, «si misura con le difficoltà del suo partito, chiamiamolo così. Che non sembra avere nessuna reale intenzione di far parte a pieno titolo – doveri inclusi – di una canonica coalizione di centrosinistra. Che sul territorio mostra i segni di divisioni e rivalità che il leader non riesce ad arginare. Che continua ad essere oggetto di una querelle giudiziaria che mette in questione perfino la titolarità del simbolo. E che soprattutto subisce un’emorragia di consensi ad ogni pur piccola prova elettorale».
«Il campo progressista non dev’essere un’astrazione»
Il leader dei 5S prende un po’ di tempo. «Il campo progressista – dice, parlando a una iniziativa elettorale a Capua – non dev’essere un’astrazione dei commentatori politici ma una realtà di progetti politici qualificati per il bene dei cittadini». Poi, a chi gli chiede di Vincenzo De Luca che parla di una prossima alleanza con M5S in regione risponde picche: «Non vedo all’orizzonte nessuna alleanza per quanto riguarda la Regione Campania. Siamo all’opposizione, un’opposizione responsabile e costruttiva ma non vedo affatto la prospettiva di un’alleanza».