Il linguista Serianni: ci vuole a scuola un’ora di italiano in più. Altro che inglese, intanto studiamo la nostra lingua
Luca Serianni, uno dei maggiori linguisti e filologi italiani, propone di introdurre un’ora di italiano in più nei programmi scolastici per arginare la scarsa conoscenza della lingua tra gli studenti. In un’intervista al Fatto spiega i motivi per i quali sarebbe opportuna un’iniziativa di questo genere.
I motivi per cui va inserita un’ora di italiano in più
Infatti “la quota di studenti che appartiene a famiglie socio-economicamente svantaggiate è un problema, soprattutto per medie e superiori. Basti pensare alle difficoltà della dad per chi non aveva un pc o una camera propri”. E c’è poi anche “il dato, importante dal punto di vista sociale e politico, dei nuovi italiani, figli di stranieri, spesso nati in Italia. Che hanno difficoltà aggiuntive nell’inserirsi nel circuito scolastico“.
Infine ricorda che l’italiano non serve solo per scrivere ma anche per comprendere cosa si legge: “Chi ha difficoltà anche con un testo semplice è di fatto un analfabeta funzionale. Pur sapendo vergare la propria firma non può affacciarsi al circuito della vita civile”.
L’elogio del riassunto
Oggi ai giovani manca “il pieno possesso della lingua italiana. Bisognerebbe fare di più, come esercizi che prevedano la capacità di riassumere un testo. L’elogio del riassunto l’ha fatto Pietro Curzio, il primo presidente di Cassazione, durante il discorso inaugurale dell’Anno giudiziario. Ha rilevato che i giovani aspiranti magistrati non sanno riassumere una sentenza e se il riassunto è fatto male o è mal argomentato poi scatta il ricorso e l’eventuale bocciatura in Cassazione. Conseguenze reali, quindi, non un principio di belle lettere”.
Un brusco risveglio: l’italiano è la lingua più importante
Un brusco risveglio dunque dopo anni di retorica sull’assoluta necessità di materie come informatica e inglese, sull’introduzione di una seconda lingua oltre all’inglese, sull’apertura della scuola al mondo del lavoro senza più badare ai fondamentali: la conoscenza dell’italiano. Non un orpello riservato agli accademici ma, come osserva giustamente Serianni, un ingrediente fondamentale per la vita lavorativa e per essere degni cittadini.