Omicidio Sacchi, le motivazioni dei giudici: Anastasiya ha taciuto circostanze fondamentali
Anastasiya Kylemnyk, fidanzata di Luca Sacchi, ucciso a colpi di pistola nel corso di una rapina “ha taciuto circostanze fondamentali per la ricostruzione della dinamica dei fatti e dei suoi autori” e si è piuttosto preoccupata di mettere “in sicurezza” la “somma di denaro che custodiva nella sua auto”.
È quanto scrivono i giudici della Corte di Assise di Roma nelle motivazioni della sentenza per l’omicidio di Luca Sacchi, ucciso con un colpo di pistola alla testa nella notte tra il 23 e 24 ottobre 2019 davanti a un pub nella zona di Colli Albani a Roma.
Per quel delitto Valerio Del Grosso, autore materiale dell’omicidio, è stato condannato a 27 anni mentre il suo complice nell’aggressione a Luca Sacchi, Paolo Pirino, è stato condannato a 25 anni, così come Marcello De Propris, che consegnò l’arma del delitto.
Per la fidanzata di Sacchi, Anastasiya Kylemnyk, accusata di violazione della legge sugli stupefacenti, i giudici hanno deciso una condanna a 3 anni mentre era stato assolto Armando De Propris.
“Ci fu violenza gratuita. Luca Sacchi aveva tutta la vita davanti” aveva detto la pm Giulia Guccione nella sua requisitoria dello scorso 11 febbraio.
“L’adesione” di Anastasiya Kylemnyk “al disegno criminoso non è venuta meno dopo la consumazione della rapina e dell’azione omicidiaria nei confronti di Luca, che giaceva a terra esanime fra le sue braccia, e neppure alla sua morte, perché l’imputata – sottolineano i giudici nelle loro motivazioni – ha taciuto circostanze fondamentali per la ricostruzione della dinamica dei fatti e dei suoi autori, contribuendo altresì nell’immediatezza alla messa in sicurezza della somma di denaro che custodiva nella sua auto (dove probabilmente l’aveva personalmente riposta) dando le chiavi a Princi che, come detto, avrà come primo pensiero, dopo aver lasciato in ospedale il fratello del Sacchi, di tornare presso il pub e recuperare l’auto con il denaro”.
“Tutti gli elementi probatori esaminati, unitariamente valutati, sono dimostrativi nei termini di certezza che la Kylemnyk non era né inconsapevole, né indifferente in relazione alla compravendita della droga e tantomeno mantenne un atteggiamento passivo rispetto alla condotta illecita di Princi e degli altri – sottolineano i giudici – Le modalità comportamentali dell’imputata la sera del 23 ottobre 2019, rapportate anche a quanto emerso per i giorni precedenti e rispetto alla condotta successiva, alla scarsa credibilità ed inverosimiglianza del suo dichiarato, provano che ella era consenziente alla compravendita di stupefacente e perciò custodì e portò con sé, nel suo zaino, il denaro contropartita della droga, con ciò realizzando sia il contributo oggettivo sia quello soggettivo richiesto per la configurabilità della condotta di partecipazione contestatale”.
“Quanto al profilo oggettivo, si rileva che l’aver custodito e portato nel suo zaino la consistente somma di circa 70mila euro che di lì a poco, secondo gli accordi, avrebbe dovuto essere consegnata quale corrispettivo di circa 15 chili di marijuana, integra senz’altro quel contributo causale, affatto marginale o secondario” concludono i giudici.