Putin ci ha tagliato il gas: sul tavolo del ministro Cingolani “stato d’emergenza” e “razionamenti”
La guerra del gas avviata dalla Russia sta avendo le sue prime conseguenze. Putin sta gradualmente chiudendo i rubinetti che portano il gas all’Europa e l’Italia è tra i Paesi colpiti, con il dimezzamento delle forniture. A fronte di una richiesta giornaliera da parte di Eni pari a circa 63 milioni di metri cubi, Gazprom ha comunicato ieri un taglio delle forniture del 50%. Il giorno prima aveva consegnato solo il 65% di quanto pattuito.
Perché l’Italia sta peggio della Francia
Apparentemente, gli altri Paesi europei non sono in condizioni più agevoli: Francia, Polonia, Bulgaria e Finlandia hanno subito un taglio completo delle forniture russe, mentre i flussi verso la Germania e l’Austria sono molto ridotti. Ma, in Italia il gas naturale contribuisce alla generazione di circa un terzo dell’elettricità prodotta nel nostro Paese. Tanto per fare un esempio, la Francia è oggi il Paese al mondo con la più alta percentuale di elettricità di origine nucleare, che nel 2021 rappresentava il 68% della sua produzione totale di elettricità.
Vista la nostra dipendenza dal gas russo, il ministro del Mite, Roberto Cingolani, sta valutando l’ipotesi di alzare il livello di crisi del sistema di gas nazionale, da preallarme ad allarme. Si tratta di una misura precauzionale in risposta al taglio delle forniture di gas russo in arrivo al punto di Tarvisio. Il protocollo specifico prevede tre stadi: uno stato di pre-allerta, già imposto a fine febbraio dopo l’invasione russa dell’Ucraina, uno di allerta e infine uno di emergenza. Lo stato di allerta innescherebbe una serie di misure volte a ridurre i consumi di gas. Tra queste, il razionamento a utenti industriali selezionati, l’aumento della produzione nelle centrali elettriche a carbone e la richiesta di maggiori importazioni di gas da altri fornitori.
Putin ci ha dimezzato il gas, FdI chiede di sbloccare i pozzi nell’Adriatico
Ieri Gazprom ha tagliato al 50 per cento le forniture all’Eni. Un graduale abbassamento dei flussi che ha portato al di sotto della quota di riempimento degli stoccaggi rispetto all’anno scorso. Siamo appena al 54%, entro settembre dobbiamo raggiungere il 90% per garantirci un inverno tranquillo, quando la domanda di gas sale per effetto dell’uso del metano per i riscaldamenti.
Cosa farà l’Italia in caso di interruzione delle forniture oltre ad attivare le centrali a carbone e avviare i primi razionamenti? È probabile che, come anticipato da Cingolani, si acceleri anche sulle trivelle per riattivare i pozzi in Adriatico. Martedì il ministro risponderà a una interrogazione del senatore Andrea De Bertoldi. L’esponente di Fratelli d’Italia un paio di mesi fa era riuscito a far approvare un ordine del giorno che impegnava il governo a sbloccare la produzione nazionale. Una misura che diventa più urgente che mai.