Quanto varrebbe un partito di Di Maio, sondaggisti divisi: il M5S morirà, ma anche lui rischia
Quanto varrebbe un partito di Luigi Di Maio? Nella cornice dello scontro finale tra Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri, propedeutico a una scissione, i sondaggisti si scatenano, avanzano le previsioni. Quasi tutti sostengono che il titolo di coda sia proprio l’addio di Di Maio al M5S: «Vedrete che farà la scissione e si butterà sul centro», dicono alcuni “contiani” intercettati dal Messaggero. Pare che il “passaggio” non fosse così inatteso, se le indiscrezioni sul nuovo partito a guida Sala e pagato da Librandi prendesso quota. Ma altri attendono a braccia aperte il possibile scissionista in rotta con Conte: Emilio Carelli, ex pentastellato ora Coraggio Italia con Toti e Quagliarello, ha fatto sapere che lo accoglierebbe volentieri. Così quel un pezzo del Pd, incarnato dal senatore Andrea Marcucci.
Sondaggisti a confronto su un probabile partito di Di Maio
Ma l’idea di un partito tutto di Di Maio tiene in fibrillazione la politica e i sondaggisti. Il quotidiano romano ha chiesto ad alcuni di loro quanto potrebbe valere una lista nuova e tutta sua. «Azzardare una stima è molto complicato premette Antonio Noto di Noto Sondaggi. Molto potrebbe dipendere dal posizionamento politico, al centro oppure nel cosiddetto campo largo». Non solo, l’incognita di una nuova legge elettorale in senso proporzionale, “spianerebbe la strada ai partiti personali”.
Noto Sondaggi al Messaggero: “Sarebbe la morte del M5S”
Si tiene abbottonato Noto sul destino alle urne di una lista Di Maio. E’ esplicito invece sulle ripercussioni “mortali” che avrebbe un tale gesto sul M5S. «La scissione potrebbe rappresentare il colpo mortale per il Movimento, già alle prese con un calo dei consensi che oggi si attestano tra il 12 e il 13 per cento». Di Maio è più in simbiosi con la storia dei Cinquestelle, da sempre: “nella percezione degli elettori è più legato a quel simbolo rispetto a Conte. Se se ne andasse, potrebbe danneggiarlo molto di più”.
“Difficile rivitalizzare un marchio in decadenza”: Di Maio fa bene
Noto solleva poi una questione di marketing politico secondo la quale Di Maio farebbe la cosa giusta a mollare il Movimento: «Il marketing politico funziona come quello aziendale. È difficile rivitalizzare un marchio in decadenza, almeno nel breve periodo. Per Di Maio potrebbe essere più facile puntare su un nuovo brand, magari unendo le sue forze con quelle di altre figure in cerca di riposizionamento».
Ipsos avverte Di Maio: I partiti personali non portano bene…
L’altro sondaggista consultato dal Messaggero è di parere opposto. Enzo Risso, direttore scientifico dell’istituto Ipsos, fa notare la “maledizione” che si è abbattura negli ultimi anni su «chiunque abbia lanciato un proprio partito personale». Che di media si sono assestati su percentuali a una cifra: “mediamente attorno al 3 per cento”. Varrebbe in questo caso l’effetto opposto: gli italiani non apprezzerebbero l’aumentata offerta politica. Su una cosa convergono i due sondaggisti: Di Maio da quale parte vuole stare? Dove vorrebbe collocare la sua eventuale nuova lista? E lo avvertono: “L’area centrista in questo momento è molto presidiata”. Anzi, fin troppo affollata: Renzi, Calenda, Toti, Lupi e gli altri ex Dc. Un partito del ministro degli Esteri rischierebbe di opacizzarsi, di ” trovarsi a sgomitare in uno spazio elettoralmente ristretto”.
Da cosa deve guardarsi: Conte per ora ha più consenso
Altro elemento che Di Maio non dovrà sottovalutare – ragionano gli esperti- è che attualmente gode di un consenso personale non trascurabile ma «di 8-9 punti percentuali inferiore Giuseppe Conte, col quale si porrebbe in concorrenza». Non è scontato che la sua empatia col Movimento ribalti la prospettiva attuale: «Un conto – precisa Risso- è guadagnarsi la simpatia di un elettore dall’interno di un partito. Un altro fare in modo che questa simpatia si trasformi in voto nel caso in cui si decida di abbandonare quel contenitore».