Referendum, alla Fondazione An l’appello al voto: “Al di là del quorum va dato un segnale”
Il titolo del convegno organizzato da Realtà Nuova alla Fondazione An non lasciava adito a dubbi: “Per una giustizia giusta, perché votiamo sì ai referendum”. E Domenico Gramazio lo ha sintetizzato con la consueta passione. «Oggi ci troviamo in questa battaglia referendaria e diciamo con forza che siamo per 5 Sì. Riconosciamo che c’è un potere assoluto ed è quello dei magistrati». Il direttore di Realtà Nuova ha ricordato che «si vota solo domenica ed è il primo week end importante dell’estate. Hanno fatto chiaramente una scelta, quella di non far arrivare gli italiani al voto». Evocando i tempi della militanza giovanile Gramazio ha ricordato «quando i problemi della giustizia li abbiamo subiti sulla nostra pelle. Ricordo che c’era un gruppo di giovani avvocati a disposizione 24 ore su 24 per difenderci. E tra loro c’era anche l’avvocato Giuseppe Valentino, oggi presidente della Fondazione An».
E proprio l’ex sottosegretario alla Giustizia ha parlato soprattuto da avvocato, dall’alto di 52 anni di attività forense: «Rimpiango quegli anni. Vi era una magistratura diversa, era diverso il rapporto con l’avvocatura. Era diverso il rapporto di tutti coloro che interloquivano con la giustizia. Un tempo si diceva: se continua così, vado al giudice. Ora bisogna evitare di andare dal giudice, perché può accaderti di tutto: puoi trovarti da persona offesa a imputato». Valentino non si fa illusioni: «Non credo che il referendum potrà modificare il sistema che caratterizza il mondo della magistratura. Ma è un segnale che va dato. Già la partecipazione degli elettori sarebbe un segnale forte per un nuovo corso dopo il referendum. Se così non fosse – ha concluso Valentino – sono convinto che le prossime elezioni politiche porrano rimedio».
Fabio Verna, docente universitario di economia ha evidenziato invece il danno economico procurato dalla giustizia malata. «Se l’amministratore delegato di un’azienda importante finisce nel tritacarne giudiziario, il titolo crolla in Borsa, certe commesse saltano, i dipendenti ne pagano le conseguenze». Verna ha citato i casi di Lionela Ligresti nell’inchiesta Sai e dell’avviso di garanzia a Silvio Berlusconi nel pieno del G8. «Una cattiva giustizia crea un danno economico».
Per Giovanni Quarzo, capogruppo di Fratelli d’Italia in Campidoglio, «l’anomalia non è cominciata con Tangentopoli, ma durante gli anni di piombo quando la politica ha dato una delega in bianco alla magistratura». In particolare con il «teorema Calogero, quando un magistrato di Padova arrestò tutti gli appartenenti ad Autonomia operaia. Quando si utilizzano delle leggi straordinarie è la fine dello Stato». Quarzo ha ricordato che in Italia si corre il rischi di essere indagati a vita. «Il pm che sa che l’indagine è infondata, non chiede l’archiviazione, lascia il politico con la spada di Damocle per anni».
Carlo Scala, avvocato e dirigente del Cis, ha riportato invece le testimonianze che arrivano dagli elettori fuori dall’Italia. «Io mi occupo di italiani all’estero. All’estero le schede per i referendum non sono neanche arrivate. Mi chiama gente che vive nel Laos che non sa nulla, si è trovata senza un minimo di informazione da parte delle ambasciate e dei consolati. Tanti le hanno buttate, molti neanche le hanno ricevute». E nella Capitale la situazione non va tanto meglio, con un altro boicottaggio occulto: «A Roma i Municipi non danno i nuovi certificati elettorali, ti fanno tornare la domenica mattina per fare la fila a prendere il certificato provvisorio. L’unico municipio che consegna i certificati elettorali è quello delle Torri, quello amministrato dal centrodestra. Guarda caso. Gli altri ti mandano a via Petroselli».ù
Maurizio Turco, segretario del partito radicale e componente del comitato per i referendum alla platea radunata alla Fondazione An ha ricordato anche i quesiti bocciati dalla Consulta presieduta da Giuliano Amato. «Perché nel 1987 si poteva votare sulla responsabilità dei magistrati e nel 2022 no? Chiaramente la sua cancellazione è stata una scelta politica». Non mancano poi le stoccate al Pd. «Letta ha detto no ai referendum, perché il referendum è uno strumento di cui la sinistra ha sempre avuto paura». Turco cita qualche numero: «In Italia abbiamo 160mila leggi, mentre in Inghilterra tremila. A chi servono tutte queste leggi? Servono per la sicurezza di una classe burocratica che non sa come muoversi».
«Noi intanto un risultato lo abbiamo ottenuto – ha proseguito Turco – Oggi si parla di giustizia. Non mi interessa raggiungere il quorum, davvero stavolta il simbolo conta più di ogni altra cosa. Perché è difficile raggiungere il quorum? Perché da febbraio la Rai non ne ha parlato, non ha dato neanche la notizia. Quando è stata obbligata, da maggio, ha riservato gli spazi d’informazione obbligatori alle 15 e 20 e alle 18 e 20. Fasce orarie in cui gli italiani non guardano la tv». C’è voluto lo sciopero della fame del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, perché la Rai trovasse gli spazi». Ma il tema vero, ha concluso il segretario del Partito radicale «è la mancanza di democrazia in questo Paese».