Referendum, l’urlo degli innocenti. Gulotta, 22 anni in carcere per un errore: «Votiamo sì»
Dei 64 anni compiuti da poco, ben 22 Giuseppe Gulotta li ha trascorsi in carcere: da innocente. È infatti il protagonista di uno degli errori giudiziari più clamorosi della pur tormentata storia della giustizia italiana. Un abbaglio riparato a tempo scaduto solo dalla revisione del processo. Se il suo nome è di nuovo nei radar dell’informazione è perché ha deciso di mettere la sua odissea giudiziaria al servizio dei referendum sulla giustizia. «Bisogna andare a votare e votare sì anche con la speranza che casi come il mio non accadano più», è l’auspicio da lui affidato all’Adnkronos. Arrestato nel 1976, quando di anni ne aveva 18, Gulotta esce dal carcere dopo 2 anni e 3 mesi per poi tornare, 12 anni dopo, dietro le sbarre, dove resta dal 1990 al 2010. Nel frattempo era intervenuta la condanna definitiva all’ergastolo: giustizia è sfatta.
Assolto solo con la revisione del processo
La svolta arriva nel 2012 quando i giudici del processo di revisione lo assolvono per non aver commesso il fatto. E che fatto: l’omicidio di due carabinieri mentre dormivano nella caserma di Alcamo, in Sicilia. Acciuffato sulla scorta di una soffiata di un simpatizzante anarchico dalla psicologia molto fragile (un anno dopo lo troveranno impiccato in carcere nonostante avesse un braccio solo), confessa sotto sevizie e torture. E si scava la fossa. Dovranno passare vent’anni prima un brigadiere presente al pestaggio rende noto le modalità dell'”interrogatorio” e il contesto in cui era maturata la “confessione“. È la svolta: giustizia è (finalmente) fatta.
«Troppo silenzio sul referendum»
Resta il calvario di una vita spezzata. Non stupisce perciò di ritrovare Gulotta tra i testimonial dei referendum. E pure abbastanza motivato. «Nelle tv – rileva – c’è un silenzio totale sui quesiti, a parte qualche piccola informazione che danno fra uno spazio e l’altro. I talk show non se ne occupano, forse qualcosa in più la sta facendo Mediaset». Il quesito cui Gulotta tiene di più è quello sulla separazione delle carriere tra pm e giudicanti. «Io non sono un esperto – premette -, ma bisogna andare a votare sì. Un pm che va a braccetto con il giudice è una cosa abnorme. Quando ero sotto processo, il pm, a fine udienza, quasi quasi andava in camera di consiglio con la Corte e la giuria popolare». Ma Gulotta non si nasconde quanto sia in salita la strada per raggiungere il quorum. «Temo – confessa – che se ci si riuscirà, la sconfitta dei referendum lascerà la giustizia così com’è, cioè marcia fin nelle fondamenta».