A Corato il comune di sinistra nega il patrocinio all’edizione locale di Miss Italia: «È maschilista»
La sinistra proprio non si rassegna. Miss Italia, autentico evento italico che facendo sfilare in passerella la bellezza mediterranea, ha disvelato al mondo fascino e talento di dive intramontabili come Sofia Loren, Gina Lollobrigida e Lucia Bosè. Fenomeno di costume che nella sfida tra canoni e mode estetiche, da decenni appassiona i telespettatori, finisce nuovamente nelle maglie censorie del politically correct di stampo dem. La rassegna, come si legge su coratolive.it, subisce la scomunica dei “Torquemada progressisti” del Comune pugliese. I quali hanno disertato l’appuntamento di domenica 26 giugno. Quando – riferisce anche Libero quotidiano sul caso – «a differenza degli altri anni, nella giuria non era presente alcun rappresentante istituzionale o componente dell’amministrazione comunale, visto che per la prima volta il Comune aveva deciso di non patrocinare l’evento»…
A Corato, il comune di sinistra nega il patrocinio a Miss Italia
Dunque, nel piccolo comune in provincia di Bari, l’amministrazione locale ha negato il patrocinio alla manifestazione locale di Miss Italia. Perché? Semplice, banale e quasi rituale: l’ha giudicata – per usare le parole del sindaco di centrosinistra, Nicola De Benedittis – «maschilista». E ispirata a una concezione «consumistica» della bellezza femminile. Un attacco al cuore del format praticamente “nazionalpopolare”, “strapaesano”. Una polemica che rinverdisce logori luoghi comuni, riciclati ad hoc ogni qualvolta si presenta l’occasione. Una querelle che si è rinnovata nel battibecco a distanza tra il primo cittadino e l’organizzatore del concorso, Antonio Garofano, presidente dell’Asd Wellness che, insieme alla Carmen Martorana Eventi, ha realizzato la manifestazione.
La motivazione del sindaco dem: «Promuove un’idea maschilista della bellezza»
Con il primo che ha sentenziato: «Abbiamo fatto una riflessione sul corpo delle donne e sul concetto di bellezza». E ancora: «Riteniamo che quella idea di bellezza propinata dal concorso Miss Italia sia molto discutibile, molto relativa e molto riduttiva» perché «quei canoni sono alquanto riconducibili a una visione maschilista e consumistica della bellezza e del corpo delle donne». Infine: «Sappiamo che dentro il sistema economico consumistico la declinazione maschilista sui corpi delle donne prevale e noi a questo con fermezza e serenità diciamo di no».
Miss Italia a Corato, l’organizzatore: «È una decisione che ci ha lasciato spiazzati»
Mente il secondo duellante in passerella, a sua volta, replicando ha rispedito al mittente sermoni e obsoleti “luogocomunisti”– come li ha plasticamente definiti negli ultimi anni il deputato di FdI Federico Mollicone – asserendo: «È una decisione che ci ha lasciato spiazzati». Concludendo enigmaticamente: «Non nascondo delusione poiché non hanno riconosciuto l’autentico valore della manifestazione. Durante la rassegna è stato dato spazio alla bellezza e all’eleganza. Ma anche a messaggi importanti come una riflessione sul femminicidio, il problema dei disturbi alimentari, e l’ambizione delle donne di fare carriera negli ambiti più disparati».
Miss Italia come il Festival di Sanremo: è un momento di celebrazione nazionalpopolare
Sdoganando dunque quell’idea di sfruttamento e ostentazione della semplice bellezza fisica a favore di un concetto di femminilità ben più ampio. Oltre che esteso a tematiche sociali di rilievo che coinvolgono le donne e un mondo di riflessioni e orrori che le riguarda. Ma, soprattutto, rinnegando quel sospetto di celebrazione oltraggiosa di una bellezza femminile in ostaggio di volgarità e mercificazione. Un sospetto che da sempre aleggia intorno al concorso di bellezza famoso nel mondo. Un evento, quello di Miss Italia, che invece andrebbe considerato al pari del Festival di Sanremo. Ossia, un momento di celebrazione del costume italiano e della sua cultura nazionalpopolare.
Tentazioni oscurantiste a sinistra?
Pertanto, negargli il riconoscimento istituzionale non ha nulla di protezionistico. E nulla di moralmente e socialmente deprecabile. Anzi, al contrario, getta sulla celebrazione spettacolare un’ombra oscurantista al limite del talebano. E il dubbio, come scrive Libero in conclusione, nasce spontaneo: «Che facciamo, sindaco, mettiamo il velo alle concorrenti per non mercificare il loro corpo e non esporlo al consumismo? Non vorremmo però che tutto nasca dal fatto che la prima edizione di Miss Italia si svolse nel 1939. E, in quanto tale, è una manifestazione fascistissima da proibire…».