Assalto al Congresso, Bannon pronto a testimoniare ma solo se l’udienza sarà pubblica
Stephen Bannon si dice pronto a testimoniare di fronte alla Commissione della Camera – composta da democratici e da due repubblicani nemici giurati di Trump – che indaga sull’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Ma fa sapere che preferisce farlo in un’audizione pubblica.
La lettera dell’avvocato dell’ex-stratega di Donald Trump e guru dell’estrema destra americana che finora si era opposto alla richiesta di rispondere alle domande degli investigatori, è stata inviata sabato alla Commissione: “Mr Bannon è disposto, anzi preferisce, testimoniare in un’audizione pubblica“, ha scritto l’avvocato Robert Costello confermando che Trump rinuncia ad invocare il privilegio esecutivo con cui finora Bannon, anche di fronte all’incriminazione per oltraggio al Congresso, aveva sfidato il mandato di comparizione.
“Il presidente Trump ha deciso che sarebbe nel miglior interesse del popolo americano rinunciare al privilegio esecutivo e permettere a Bannon di rispettare il mandato di comparizione”, ha scritto ancora l’avvocato.
L’inizio del processo di Bannon – arrestato e poi rilasciato lo scorso novembre dai federali – per oltraggio al Congresso era stato fissato per il prossimo 18 luglio.
In una lettera, che ha pubblicato sul suo social media Truth, Trump si è scagliato contro la commissione, paragonandola ad “un tribunale fantoccio di parte” composto da “banditi”, denunciando come il trattamento “ingiusto” a cui sono stati sottoposti i suoi ex-collaboratori.
La Commissione non ha riconosciuto la validità del privilegio esecutivo invocato da Trump, affermando che solo un presidente in carica può invocarlo, senza contare che al tempo dei fatti su cui sta indagando Bannon non era più da anni un funzionario della Casa Bianca.
Bannon viene considerato un testimone cruciale, dal momento che nei giorni immediatamente precedenti all’assalto al Congresso, lui, insieme a Rudy Giuliani ed altri fedelissimi di Trump, avevano istituito una ‘war room‘ in un albergo di Washington per coordinare le proteste che si stavano organizzando contro la certificazione della vittoria di Joe Biden.
Inoltre il suo podcast, che si chiama appunto “War Room“, secondo gli inquirenti ha contribuito a radicalizzare alcuni sostenitori di Trump.
La Commissione ha poi raccolto prove del fatto che l’ex-stratega della Casa Bianca ha avuto diversi colloqui con Trump ed i suoi consiglieri nei giorni immediatamente precedenti al 6 gennaio.
Alcuni osservatori, però, sottolineano che la disponibilità di Bannon a testimoniare potrebbe essere solo una mossa per rinviare l’inizio del processo, che lui da settimane sta cercando di rinviare.
Nella lettera di Trump, l’ex-presidente afferma infatti che lui ritirerà il privilegio esecutivo se e quando il suo ex consigliere “raggiungerà un accordo sul tempo e luogo della testimonianza“.