Biden contestato per il viaggio in Arabia. Il Washington Post: in ginocchio da chi uccise Kashoggi

12 Lug 2022 18:16 - di Redazione

“Perché il presidente Biden ora va a Jedda per piegare il ginocchio per stringere la mano sporca di sangue del pariah?”. E’ quanto si chiede polemicamente Fred Ryan, editore del Washington Post in un articolo in cui attacca duramente Joe Biden per la sua imminente visita in Arabia Saudita, durante la quale incontrerà il principe ereditario Mohammed bin Salman, dal democratico bollato, durante la campagna elettorale, come un “pariah” per il ruolo avuto nell’omicidio nel 2018 di Jamal Kashoggi, il giornalista dissidente che collaborava con il Post.

Allora Biden parlava “cercando voti” ed anche nell’andare in Arabia Saudita “ancora una volta è in cerca di voti”. “Il presidente ha giustificato la missione come una mossa necessaria per promuovere la stabilità in Medio Oriente e scongiurare l’aggressione russa e cinese – prosegue Ryan – ma il presidente deve sapere che incontrarsi con Mbs darà al leader saudita esattamente quello che 3 anni di campagne di Pr, di lobbying e persino un nuovo torneo di golf non hanno dato: il ritorno alla rispettabilità”.

Incontrando l’uomo che l’intelligence Usa ha indicato come il mandante dell’omicidio Kashoggi, con un’interpretazione contestata allora da Donald Trump ma sostenuta da Biden, l’attuale inquilino della Casa Bianca segnalerà al mondo che i valori dei diritti umani sono “negoziabili”. E così invia il messaggio, aggiunge l’editore della testata americana, “che gli Stati Uniti sono disposti a guardare dall’altra parte quando sono in gioco i propri interessi commerciali”.

La missione di Biden in Arabia, primo produttore petrolifero mondiale, si inserisce infatti nell’azione dell’amministrazione per contrastare l’aumento dei prezzi della benzina provocato dalla guerra in Ucraina, con Biden che da tempo sta chiedendo a Riad di aumentare la produzione.

Per Ryan, che è un repubblicano che è stato assistente di Ronald Reagan alla Casa Bianca, rimanendo poi a lavorare con l’ex presidente fino al 1995, una politica così utilitaristica rischia di essere non solo immorale ma anche pericolosa per gli Usa.

“Abbiamo appreso, attraverso decenni di dure lezioni, che i terroristi reclutano sfruttando l’odio verso gli Usa tra le popolazioni brutalizzate dai loro leader dispostici” scrive, affermando che questa narrativa viene amplificata quando “gli americani hanno buon gioco a parlare di diritti umani fino a quando non hanno bisogno di qualcos’altro, come il petrolio a buon mercato”.

“Voltafaccia come quello che sta facendo Biden erode la nostra autorità morale ed alimenta il risentimento anti americano – conclude – e agli attivisti per la democrazia ed i governi riformisti di tutto il mondo passa il messaggio che Washington non è un partner affidabile. Questo semina confusione e rischia di sabotare la nostra diplomazia, che è l’opposto di quello che Biden vorrebbe ottenere con il suo viaggio”.

 

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