Centrodestra, la Meloni avverte: «Senza accordo sul criterio per il premier, l’alleanza non ha senso»
No premiership, no party. No nel senso della pubblicità del Martini, ma nel senso che non si parte proprio. Almeno non uniti nel nome del centrodestra. È tanto secca quanto pacata la replica di Giorgia Meloni ai rinvii e alle palle spedite in tribuna da molti esponenti di Forza Italia ogni qualvolta l’argomento scivola sulla guida del governo in caso di vittoria del centrodestra. «Se non dovessimo riuscire a metterci d’accordo su questo – ha spiegato la leader di Fratelli d’Italia al Tg5 -, non avrebbe senso andare al governo insieme. Confido – ha aggiunto – che si vorranno confermare, anche per ragioni di tempo, regole che nel centrodestra hanno sempre funzionato, che noi abbiamo sempre rispettato e che non si capisce per quale ragione dovrebbero cambiare oggi».
La Meloni replica a Tajani
L’ultimo “nì” in ordine di tempo all’ipotesi di Meloni premier reca la firma di Antonio Tajani, la voce ufficiale degli “azzurri” quando tace Silvio Berlusconi. Il suo nome è tra quelli in lizza, anche perché godrebbe – così pare – della sponsorizzazione del Ppe. Ma lui taglia corto: «Sto bene dove sto». Più loquace è il numero due di FI sul tema, appunto, della premiership. «Non abbiamo alcun pregiudizio nei confronti di chicchessia – premette -. Sederanno al tavolo i leader e decideranno le regole».
Salvini: «Giusto. Chi avrà più voti indicherà il nome»
In ogni caso, puntualizza, «a me interessa che il centrodestra vinca, poi penseremo a chi alza la coppa. Perché se non si vince, la coppa non la alza nessuno…». Parole apparentemente sagge, ma che in realtà si prestano a strumentalizzazioni da parte degli avversari, che potrebbero cogliervi uno scarto rispetto alle parole della Meloni. È quel che teme anche Matteo Salvini. «Lasciamo a sinistra litigi e divisioni – esorta il capo della Lega -. Per quanto ci riguarda, siamo pronti a ragionare con gli alleati sul programma di governo partendo da tasse, lavoro, immigrazione e ambiente. Chi avrà un voto in più, avrà l’onore e l’onere di indicare il premier».