Crisi, ora Letta agita lo spettro di Putin: «Se il governo cadesse, al Cremlino farebbero festa»
«Non c’è dubbio alcuno che se il governo cadesse, dal Cremlino salirebbe il plauso». Parole pronunciate da Enrico Letta durante il suo improvvido incontro con Mario Draghi e poi ribadite bel corso del coordinamento politico. A conferma che aveva ragione chi diceva che «a volte il patriottismo è solo l’ultimo rifugio dei furfanti». Non che Letta appartenga a quest’ultima genia, ma ci si avvicina molto nel momento in cui connette le dinamiche di una crisi dettata da ragioni di bottega interna (quella dei 5Stelle) a complicate traiettorie internazionali. Tanto più che il segretario dem lo ha fatto solo ieri in concomitanza dei mal di pancia lamentati dal cosiddetto centrodestra di governo una volta diffusasi la notizia dell’incontro con il premier.
Letta vuol screditare chi chiede le elezioni
Un atteggiamento, il suo, tuttavia utile a capire come, al di là della sicurezza ostentata da Letta circa la positiva conclusione della crisi («sto sereno, domani (oggi, ndr) sarà una bella giornata»), il Pd non considera del tutto rimontata l’opzione delle elezioni anticipate, e allora si prepara ad addossarne quota parte anche al centrodestra, in particolare alla Lega, adombrando – appunto – ambigue contiguità internazionali. Segno, in questo caso, della consapevolezza delle difficoltà che derivano alla strategia del campo largo dal comportamento di Giuseppe Conte. Se il M5S nega la fiducia a Draghi, allearvisi un domani sarà un’impresa. Innanzitutto perché obiettivamente difficile e poi perché i cespugli del centrosinistra non lo permetterebbero.
Dem spaccati su Conte
Ma per Letta c’è un’altra difficoltà: Conte è tornato ad insistere sui nove punti della sua agenda sociale: salario minimo, reddito di cittadinanza, sostegni contro il carovita. Si tratta di temi popolari a sinistra. Se n’è avuta eco anche nel botta e risposta coordinamento di ieri tra Goffredo Bettini, collegato dalla Thailandia, e il governatore Stefano Bonaccini. Al primo che bollava come un «errore» la «sottovalutazione delle istanze di Conte», il secondo ha replicato tacciando di «irresponsabilità» il capo grillino. Il che fa capire molto bene come il clima interno al Pd sia tutt’altro che pacificato. Forse è anche per questo che Letta agita lo spettro di Vlad Putin sulla crisi italiana.