Giorgia premier? La regola d’oro del centrodestra fa bene all’Italia. La sinistra finge di dimenticarsene
Ehi, dico a voi opinionisti e intellò della sinistra pensante: non volevate il modello Westminster ? Non avete magnificato, a lungo, il sistema politico anglico che la sera delle elezioni vi dava il nome del capo del governo ? E allora. Ci siamo. Mettete ora la testa su come farvi il candidato premier di centrosinistra; su cosa sia questo misterico “front runner” inventato da Letta per sé medesimo. Come si sceglierà il primo ministro se mai – eh sì, é difficile, ma le elezioni sono elezioni- vincesse la formazione progressista ? Fate. Ma nell’accampamento delle “destre”, la regola é proprio quella che volevate anche voi. Ed é d’annata: il leader del primo partito tra i vincenti diventa presidente del Consiglio. Non é bipartitismo, ma si avvicina, no?
Il bipolarismo fa bene all’Italia, la sinistra se ne faccia una ragione
É sano bipolarismo: é l’heritage indiscutibile e apprezzato dell’egemonia esercitata nel suo tempo dal centrodestra. É il lascito berlusconiano, ma anche prodiano e veltroniano; semplifico, perché dovrei dire pure tatarelliano, per i più raffinati cultori della materia. Ma tant’è. Mi viene piuttosto alla mente Giovanni Sartori che ironizzava sulle “urla di dolore dei fedeli di Prodi” per la temuta fine del bipolarismo. Rieccolo: lo abbiamo di nuovo. Bello, forte. E fa bene all’Italia. Lo ricordo soprattutto a chi, sulla “rive gauche”, ora spara a zero sull’opzione che apre la strada a Giorgia Meloni. Certo Travaglio é avvelenato: “A settembre potremmo avere in un colpo solo il primo presidente del Consiglio donna e nera”. Donna e nera, capite. Che potrebbe farli neri: é il loro problema. Ma non si può perdere la lucidità.
Un modello valido che ha funzionato
L’analisi seria parla: la fine del gabinetto Draghi ci conferma che, se l’Italia si allontana dalla cultura bipolare, va a sbattere nei “governi piglia tutto e piglia tutti”; con gli esiti infausti che abbiamo visto. Ora sappiamo: il centrodestra non mette in discussione il proprio canone di premiership. Che il bipolarismo presuppone e rafforza. Conferma la sua regola. E fa bene. Per tre ragioni. La prima: pacta sunt servanda. Principio che guida i rapporti tra Stati e tra persone, certo; ma soprattutto regola d’oro nei rapporti politici, tra soggetti simili e distinti. Una sorta di kelseniana “Grundnorm” che nella tradizione del centrodestra italiano ne ha disciplinato la vita. Ha funzionato nel ventennio berlusconiano, nessuno tra gli alleati, l’ha mai messa in discussione; ed é valida anche nel nostro tempo in cui la premiership passerà ad altri. Sarà Meloni, com’è certo per i più ? Chiunque dovesse essere. Giusto così.
Le regole sono diventate centrali
Secondo. I partiti sono mondi vitali – nazioni in miniatura – e le loro dinamiche offrono modelli e pratiche alla Nazione: Lei guarda. Li guarda. Molto, in questi giorni. Osserva la linearità – o il suo opposto – dei loro capi; é attenta alla coerenza di comunità politiche e “membership” dei due – solo due ormai sono i competitori reali – campi; ma soprattutto quello del centrodestra, dato per vincente. Guardate che le regole sono diventate centrali nel quotidiano politico e nella valutazione del ceto pubblico. Esempio altro: credete che la gente – “loro” e altrui – non stia con gli occhi addosso al M5S ? “Voglio vedere se rispetteranno il limite dei due mandati; se faranno ciò che hanno promesso”, é ciò che sentite “on the road”. O se distruggeranno ancora il detto col contraddetto.
Il centrodestra ha dato prova di coerenza e di stabilità
Li ascoltate gli scricchiolii della diarchia Conte-Grillo proprio sulle regole ? Ecco. Per lo schieramento conservatore vale di più: é l’inizio di un ciclo nuovo, a trazione meloniana, stavolta. E il popolo giudica. Mosse e gesti; più di sorrisi e plateali abbracci. “Vogliono fregarla, cambiando la regola”? Dicevano. Se lo chiedevano in tanti. La risposta dopo il vertice del centrodestra c’è: no, é confermato l’antico precetto. Senza se, senza ma. Cioè il centrodestra rispetta l’indicazione che verrà dal popolo: decide chi ha più consensi. Se Fdi conferma i sondaggi e si vince, esprime il capo del governo. Una prova di coerenza. E di affidabilità. Che premia agli occhi dei cittadini.
Gli attacchi alla cittadella del centrodestra
Terzo. Stabilire un criterio diverso a partita cominciata? Addirittura, a due mesi dal traguardo ? Ci speravano. Specie la stampa “loro”, dove si distingue Repubblica, tornata agli originari eccessi “antifa”, nonostante il bravo e solitamente equilibrato Molinari (ma, adesso, chi dirige davvero lì ?): ci provano ogni giorno a gettare il pomo della discordia nella cittadella del centrodestra. L’ultima: hanno pompato l’errore, ora scongiurato, di affidare la designazione non agli elettori, ma agli “eletti”. Pensato, é stata scartato. Come la diceria: Giorgia spaventa il nostro elettorato. Attribuita a Berlusconi. Archiviata. Ed é un bene. Nessuna eccezione alla tradizione. Si parte. Dalla lealtà. Da sempre é buon viatico.